26 novembre 2010

Guido Viale: Prefazione a: " Osare di più" , un libro di Cohn Bendit


…Che cosa ci impedisce di imboccare una strada come quella che ha portato al successo della lista Europe Écologie?

Cohn-Bendit, che conosce la situazione italiana molto bene e parla l’italiano benissimo ci dà la sua risposta: innanzitutto i verdi italiani hanno sempre seguito la strada di accordi di vertice con altre formazioni sia al governo che all’opposizione, invece di cercare l’accordo su programmi costruiti valorizzando esperienze ed elaborazioni indipendenti. Una pratica che ha assimilato i verdi italiani a un costume diffuso tra tutti il ceto politico del paese, tanto nella prima che nella seconda repubblica.

Il nostro è un paese dove fare politica significa innanzitutto accaparrare un posto di lavoro ben retribuito, per sé e i propri congiunti, da difendere a qualsiasi costo. In questo modo, invece di “contaminare” – come si usa dire in gergo culturale – le altre forze politiche con saperi, peraltro scarsamente padroneggiati, che hanno comunque il vantaggio di essere “trasversali” sia rispetto alle diverse culture politiche che alle molteplici competenze amministrative e di governo, sono stati i verdi ad essere contaminati – nell’accezione epidemiologica del termine - dai miasmi che emanano dalla palude della politica italiana.


In secondo luogo, gli accordi dei verdi italiani sono stati fatti prevalentemente, o quasi esclusivamente, con altre formazioni politicamente connotate come di “estrema sinistra”; cosa che ha fatto dei verdi un’appendice dei residui, o dei residui dei residui, rilasciati dalla dissoluzione del movimento operaio italiano, invece di qualificarsi come una forza capace di guardare al futuro più e meglio di altri.
Ma la tara maggiore dei verdi italiani è quella di non aver voluto - e forse nemmeno saputo come e perché - mettere in discussione le premesse produttivistiche e “sviluppiste” che accomunano la cultura di sinistra, tanto “marxista” che riformista – o, in entrambi i casi, sedicente tale – al credo e alle pratiche, ieri dirigiste oggi ultraliberiste, e poi forse di nuovo dirigiste, dell’establishment politico, industriale e accademico. Condannandosi così a una subalternità di secondo grado nei confronti delle forze che sono alla guida della devastazione del pianeta......

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