4 novembre 2010

SANDOKAN: La Tigre ferita


Viaggio nella catastrofe ambientale del sud-est asiatico

di Angelo Bonelli

Sandakan ( Borneo – Malesia )

“Era una magnifica notte d'agosto, una vera notte tropicale. L'aria era tiepida, dolce, elastica, imbalsamata dal soave profumo dei gelsomini, degli sciambaga, dei mussenda e dei nagatampo....Emilio Salgari descriveva così , con profonda sensibilità ambientalista, la foresta del sud est asiatico nel suo racconto i “ Misteri della Giungla Nera “ Giungere nella città di Sandakan da una profonda emozione per chi è cresciuto con la fantasia della penna di Salgari e le mitiche gesta di Sandokan, la “ Tigre della Malesia “. Oggi Sandakan, la città che Salgari ha utilizzato per dare il nome a Sandokan, è un grande centro commerciale con il principale porto del nord del Borneo che si affaccia nel Mar di Sulu nell’Oceano Pacifico. Chiedo subito al conducente del taxi se avesse mai sentito parlare di Sandokan, e con mio grande stupore la risposta è no. Nel tentativo di spiegare chi fosse l’eroe salgariano scoprì che i malesiani hanno il loro Sandokan che si chiama Mat Salleh che aveva combattuto alla fine del 1800 contro il dominio degli inglesi.

Ma oggi la foresta incontaminata della Malesia e del Sud est Asiatico non è più quella raccontata dai romanzi di Salgari. Le foreste sono state progressivamente sostituite da immense piantagioni di palme da cui viene ricavato l’olio di palma utilizzato da numerose multinazionali nell’industria alimentare, cosmetica e dei biocarburanti. Il futuro delle foreste, delle comunità locali, della biodiversità concentrata in quest’area è nelle mani di fondi sovrani, e delle speculazioni finanziarie in borsa. Non è un caso che la rivista Forbes nel 2006 ha inserito tra i primi sei uomini più ricchi del mondo Kuok Khoon Hong multimiliardario malese proprietario della maggior parte di piantagioni di palma in Malesia e Indonesia. Ogni anno oltre 2, 4 miliardi di tonnellate di gas serra vengono rilasciati nell’atmosfera a causa degli incendi provocati nelle foreste indonesiane e malesiane. Queste foreste torbiere hanno un ruolo importante di regolazione del clima perché immagazzinano una quantità enorme di carbonio , alcuni studi parlano di oltre 550 miliardi di tonnellate, una cifra pari a 70 anni di emissioni da combustibili fossili. Nel 2007 oltre il 70% delle foreste di questi paesi è andato distrutto portando Indonesia e Malesia a diventare i primi produttori mondiali di olio di palma con l’85% della produzione globale ed esportatori per l’88%. Il programma REDD dell’Onu ( riduzione delle emissioni da deforestazione nei paesi in via di sviluppo ) viene abilmente aggirato conteggiando come foresta le immense monocolture di palme o di alberi lattice Ogm . La perdita di biodiversità è drammatica.

Oryx una rivista scientifica di Cambridge ha pubblicato uno studio che parla di una minaccia di estinzione dell’ Orangutan nel 2011. L’Orangotango era descritto da Salgari nelle Tigri di Mompracen : “la sua faccia, assai rugosa, aveva un aspetto ferocissimo, specialmente con quegli occhietti infossati e mobilissimi e quel pellame rossastro che la incorniciava “ In realtà l’orango tango è un animale molto pacifico e questa specie nel Borneo malese si è ridotta di oltre il 14% dal 2004. A 25 Km da Sandakan a Sepilok c’è un centro per la riabilitazione degli Orangutan, uno dei 4 unici esistenti al mondo, che si estende su un’area di 4.294 ettari . Ma insieme all’Orangutan, rischiano l’estinzione il rinoceronte di Java ridotto a meno di 100 unità e la tigre di Sumatra ridotta a meno di 500 unità. Proprio lungo la strada che conduce a Sepilok da Sandakan ci sono almeno dieci sedi di Oil company Ltd ed ogni giorno si incrociano centinaia di camion cisterna che trasportano olio di palma . E’ impressionante vedere, la dove prima c’era la foresta millenaria, ergersi ,quasi a toccare il cielo, le grandi ciminiere degli impianti di trattamento dell’olio di palma. Questo sviluppo economico senza regole ha aumentato i conflitti con le popolazioni locali.

E’ il caso della popolazione dei Penan, una popolazione nomade del Sarawak ( sud Borneo malese ) che combatte da oltre 20 anni contro il taglio illegale che sta distruggendo la foresta pluviale dove vivono. Si è attivata anche l’ Onu attraverso l’uffico per i diritti Umani che ha protestato a Ginevra contro il governo indonesiano per il progetto noto dal 2005 come “ Kalimantan oil border mega project “. Un investimento di 600 milioni di dollari , con capitali indonesiani e cinesi, per realizzare la più grande piantagione di olio di palma del mondo, in una fascia di terra estesa 1,8 milioni di ettari situata tra il confine Indonesiano-Malesiano. L’Onu ha espresso la preoccupazione che una realizzazione di queste dimensioni metta a rischio le comunità indigene che vivono nella zona come quella dei Dayak Iban. Si proprio loro, i Dayak, le cui gesta sono state raccontate da Salgari, descritti come i temibili tagliatori di teste. La foresta con i suoi abitanti umani e animali soffre e sembra invocare un nuovo Sandokan che dall’isola di Mompracem guidi il pianeta a porre uno stop a questa distruzione senza fine.....

L’olio di palma è sangue della nostra terra, chi oggi usa l’olio di palma nelle centrali a biomasse per produrre energia è come se bruciasse sangue. Un crimine contro l’umanità : in Malesia decine e decine di milioni di ettari di foresta sono stati distrutti, specie animali condannate all’estinzione popolazione indigene cacciate che subiscono omicidi e violenze.

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