27 maggio 2011

Incognita nucleare

Perché dopo il decreto Omnibus il referendum è a rischio

di Fabio Chiusi *

A poco più di due settimane dalla consultazione referendaria del 12 e 13 giugno il destino del quesito sul nucleare è ancora incerto. Alla sentenza di ammissibilità della Corte Costituzionale, infatti, ha fatto seguito da parte del parlamento il 24 maggio l'approvazione del decreto Omnibus, al cui interno l'articolo 5 riguarda l'«abrogazione di disposizione relativa alla realizzazione di nuovi impianti nucleari». Proprio l'obiettivo che si proponeva il referendum, sostiene il governo. Che mira in questo modo a sottrarre il quesito dal giudizio popolare.

La parola alla Cassazione

Si voterà, dunque, su acqua e legittimo impedimento. E sul ritorno all'atomo? La questione è complessa, e prevede una precisa serie di passaggi. La premessa indispensabile è che l'abrogazione (ma sarebbe più corretto dire moratoria) delle norme contenute nel decreto legge 112 del 2008 non comporta automaticamente l'eliminazione del quesito. Lo ha stabilito un precedente: la sentenza 68 del 1978 della Cassazione. Altrimenti, è scritto, la «sovranità del popolo» potrebbe essere «ridotta a mera apparenza» a piacimento. «Un pericoloso precedente», secondo i promotori.
Parte dunque l'iter. Ammesso che il presidente della Repubblica promulghi il decreto Omnibus, dopo aver verificato che non sussista incostituzionalità, e avvenuta la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, il governo dovrà infatti chiedere all'ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione di proclamare che la nuova normativa soddisfi appieno le richieste dei promotori.
LE DUE OPZIONI DELLA CORTE. La Corte ha di fronte a sé due opzioni. La prima è accogliere, con sentenza motivata, l'istanza dell'esecutivo e dichiarare superato il referendum sul nucleare, che verrebbe così eliminato. La seconda è opporsi, sostenendo che l'articolo 5 del decreto contenga delle previsioni non perfettamente conformi alla volontà del comitato referendario.
Il quesito in questo modo sarebbe sottoposto ai cittadini, ma modificato per non chiamarli a esprimersi su norme già abrogate, proprio come avvenuto nel 1978. La decisione sarà presa in tempi molto brevi, vista l'imminenza della consultazione popolare. Secondo le fonti interpellate da Lettera43.it, già nel fine settimana.

Ricorso e conflitto di attribuzione: l'ipotesi rinvio

Tuttavia nel caso in cui la Cassazione dovesse dichiarare superato il referendum nucleare la partita non sarebbe immediatamente chiusa. I promotori, infatti, potrebbero presentare ricorso dinnanzi alla Corte Costituzionale, contestando le motivazioni addotte dalla Cassazione. Il che significherebbe un ulteriore dispendio di tempo, naturalmente. E se il ricorso fosse presentato e accolto, c'è il rischio che il referendum sia rimandato di 12 mesi.
PROBABILE RINVIO PER RISTAMPARE LE SCHEDE. Un'eventualità che prende corpo anche nel secondo scenario, quello cioè in cui la Cassazione dovesse decidere di mantenere valido il quesito, ma dopo averlo aggiornato alla normativa vigente.
Come spiega il responsabile ambiente Idv, Paolo Brutti, «il poligrafico dello Stato dovrebbe procedere alla ristampa di 39 milioni di schede elettorali». E di nuovo, si profilerebbe un rinvio.
C'è poi un'ultima arma in mano ai promotori: sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Consulta, sostenendo che il parlamento abbia ecceduto nelle sue funzioni rispetto a quelle garantite al comitato referendario. Dopo essersi espressa con urgenza, la Corte Costituzionale dovrebbe passare la palla alla Cassazione. Un'altra strada non proprio spedita e priva di ostacoli.

La paura dell'influenza del disastro di Fukushima

Il repentino dietrofront del governo sull'atomo, prima considerato una priorità e poi accantonato in attesa di tempi migliori, sembra dunque essere riuscito nell'intento di disorientare i cittadini.
La finalità politica è chiara: evitare un referendum scomodo. Tutti i sondaggi indicano che gli elettori voteranno in massa per il «sì», ma sarà necessario raggiungere il quorum perché il referendum sia considerato valido.
Per il governo, però, si tratterebbe di preferenze drogate dalle reazioni emotive scatenate dal disastro della centrale nucleare di Fukushima in Giappone. E i comitati per il «no» concordano: sarebbe sbagliato decidere su un asset strategico, come l'energia, sull'onda della paura. Proprio come avvenuto nel 1987, quando il nucleare fu sonoramente bocciato quando la catastrofe si chiamava Chernobyl.
Meglio rimandare il tutto al prossimo piano energetico. Che, dice chiaramente il comma 8 dell'articolo 5 del decreto Omnibus, sarà adottato «entro 12 mesi» dal consiglio dei ministri, dopo aver sentito il parere del parlamento. In sostanza, non servirà nemmeno una legge: basta un atto amministrativo.
CHIUDERE LO SPIRAGLIO AL NUCLEARE. Ma, come sottolineano i promotori del referendum, il comma non esclude esplicitamente la riproposizione del nucleare. Una omissione che, dicono, lascia inalterata la validità del quesito di giugno. Soprattutto perché non è l'unica. Sono altri due, infatti, i punti di criticità ravvisati all'interno del decreto: i commi 1 e 5.
Del primo non piace che lo stop sia finalizzato ad «acquisire ulteriori evidenze scientifiche […] sui profili relativi alla sicurezza nucleare». Una prova che l'abrogazione sarebbe in realtà un semplice rinvio. Come ha candidamente ammesso, del resto, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Del secondo non soddisfa che rimanga in vita la possibilità di ricorrere a espropri per realizzare centrali nucleari anche da parte di privati. Possibilità che il quesito, invece, chiede di eliminare.
Alla luce di queste considerazioni, la Corte di Cassazione potrebbe decidere tempestivamente di chiamare i cittadini a esprimersi sull'abrogazione dei soli commi 1, 5 e 8 del testo del decreto Omnibus. Cioè della parte della normativa che lascia uno spiraglio al ritorno dell'atomo.
TRIBUNE IN CONFUSIONE. Nell'attesa della decisione della Corte, sono iniziate le tribune elettorali che, in Rai, spiegano il quesito. Le prime, secondo il palinsesto del servizio pubblico, sono state trasmesse il 25 aprile su RaiDue e RadioUno, in ritardo rispetto alla tabella di marcia stabilita dalla commissione di vigilanza. E, forse, per una domanda a cui i cittadini non potranno rispondere.

* da www.lettera43.it giovedì 26 Maggio 2011

1 commento:

  1. Anonimo20:17

    Mi auguro vivamente che la Suprema Corte di Cassazione consenta la consultazione refendaria lasciano ai cittadini la possibilita' di esprimere liberamente cio' che vogliono , visto che gia' in Sardegna hanno potuto manifestare il loro dissenso rispetto alla politica di un governo, che pretenderebbe di mettere il bavaglio. Dai sondaggi fatti, da quanto osservo nei blogs, e dalla attivita' poste in essere dalle associazioni ambientaliste si nota un fortissimo dissenso contro il nucleare, senza previsioni di pericolosi futuri ritorni. Si lascino le persone esprimere liberamente il loro parere , dopotutto la Costituzione Repubblicana stabilisce la sovranita' del popolo di cui gli organi dello Stato sono rappresentanti e in quanto tali non possono prescinderre dalla sua volonta'

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