29 giugno 2011

Manovra Finanziaria 2011 – FAQ


Fonte: Mente Critica

Il provvedimento relativo alla cosiddetta “finanziaria” è in fase di discussione. Obiettivo di questa manovra sarà il raggiungimento del punto di pareggio di bilancio.
Ieri sulle principali testate nazionali è stata pubblicata una bozza che fornisce un’idea di quali siano le risorse che l’attuale governo metterà in atto per ottenere il suo obiettivo. Vediamole un po’ più nel dettaglio e cerchiamo di capire assieme il contesto.


Cosa s’intende per manovra?

Una manovra è un insieme decisioni riguardanti tasse/imposte/accise e inerenti la distribuzione delle risorse economiche da esse generate in un arco di tempo di medio/lungo periodo.
In sintesi, una “manovra finanziaria” può introdurre nuove tasse, eliminarne altre e stabilire budget di spesa ma, essendo un provvedimento legislativo a tutti gli effetti, può contenere anche altre voci non connesse a tasse e spese.

Quali sono gli obiettivi di questa manovra?

Sintetizzando e generalizzando, i provvedimenti previsti dalla manovra dovrebbero consentire all’Italia di non chiudere i propri bilanci in perdita, raggiungendo così il punto di pareggio.

Che cos’è il punto di pareggio di bilancio?

Il BEP (Break Even Point), o punto di pareggio, è il “momento” di bilancio in cui spese e ricavi si compensano, senza generare un utile o una perdita.

Perché si deve raggiungere il punto di pareggio?

E’ necessario raggiungere il BEP per rispettare i parametri UE di stabilità economica e non incorrere in sanzioni, nonché per garantire la “solvibilità dello Stato”.

Raggiungere il punto di pareggio è condizione sufficiente a garantire la stabilità economica della nazione?

No.
Raggiungere il punto di pareggio significa poter pagare tutti i conti più gli interessi sul debito pubblico emesso (BOT, BTP etc.).
In questa condizione bisogna ricordare che il debito pubblico rimane invariato, ovvero non si generano risorse per abbassarlo; di fatto, per rispettare pienamente i parametri UE relativi all’indebitamento, l’Italia deve andare a ridurre il debito attuale.
Va ricordato che, oltre al debito pubblico, lo Stato deve sanare un altro “buco”, questa volta nei confronti dei propri cittadini: quello relativo all’INPS, che non possiede più i fondi versati dai singoli contribuenti per la propria pensione e che sta pagando le attuali pensioni con i fondi versati dai lavoratori in fase di contribuzione, quindi senza cumulare il capitale necessario per essi.

Nella bozza attuale vengono introdotte nuove voci di prelievo fiscale a carico dei contribuenti?

In senso strettamente letterale, no.
Ad eccezione di un aumento delle tariffe sui treni del servizio pubblico per i passeggeri a media e lunga percorrenza, la nuova manovra è concentrata più che altro sulla spesa pubblica, prevede tagli alla stessa e una serie di provvedimenti volti a generare efficienza in alcune strutture statali – e di conseguenza, risparmio.
Viene però ritoccato il sistema pensionistico e vengono bloccati gli adeguamenti retributivi per i dipendenti della Pubblica Amministrazione.

Quali efficienze sono previste nella nuova manovra?

L’introduzione di un sistema di acquisti pubblici online, volto a generare competizione tra i fornitori dei vari enti pubblici; la privatizzazione della Croce Rossa Italiana, che passerà da regime pubblico a regime privato pur mantenendo lo status di associazione non profit; un pacchetto di modifiche nella gestione di Sanità e Scuola; il blocco delle nuove assunzioni per la la riforma dell’Anas attraverso la creazione di due differenti società; la riforma dei processi civili.

Quali nuove spese prevede lo Stato nella manovra?

930 milioni vengono assegnati a titolo d’incremento del fondo infrastrutture per il 2012 (1 miliardo di € all’anno sarà invece la nuova dotazione per il quadriennio 2013/16).
Sono inoltre passati sotto silenzio i 736,4 milioni di € complessivi per il rifinanziamento delle missioni militari all’estero fino al 31/12/2011 (art. 1 comma 240 l. 27/12/2006 n. 296 e art. 24 commi 74/75 d.l. 01/07/2009 n. 78). Molte delle testate nazionali non li citano nemmeno.

Quali ritocchi vengono fatti al sistema pensionistico?

Ve ne sono di tre tipi.
Il blocco degli adeguamenti (rivalutazione automatica) per le fasce 3/4/5 volte superiori al minimo: le fasce 3 e 4 percepiranno il 45% dell’adeguamento previsto, la fascia 5 non avrà alcun adeguamento.
La riduzione della quota di “reversibile” a favore del coniuge sopravvissuto, che diminuisce del 10% e oltre in determinati casi.
L’aumento dell’età pensionabile per le donne: a 61 anni dal 01/01/2012, a 62 dal 01/01/2014, a 63 dal 01/01/2016, a 64 dal 01/01/2018, a 65 anni dal 01/01/2020.
Da ultimo, il governo ha deciso d’ufficio che tutti i contenziosi aperti nei confronti dell’Inps per importi inferiori ai 500 € vengano estinti.

Cosa viene previsto in materia di Sanità?

Vi sono norme riguardanti le assunzioni, altre che concernono la gestione degli acquisti di medicinali e macchinari; quasi tutte si traducono in tagli della spesa e blocchi delle assunzioni.
Quella che tocca più da vicino le tasche dei cittadini riguarda l’introduzione di due ticket: 10 € sulla ricetta per prestazioni specialistiche ambulatoriali e 25 € per le prestazioni di pronto soccorso classificate con codice bianco.

E la Scuola? Come viene riformata?

Anche qui tagli. Le disposizioni principali riguardano la creazione di istituti comprensivi che raggruppino i primi 3 gradi d’istruzione (infanzia, primaria e secondaria di 1° grado), aventi un numero minimo di 1000 alunni fatti salvi casi particolari. V’è poi il blocco degli organici e si regolamenta in maniera differente l’insegnamento di sostegno.

La manovra finanziaria comprende tutte le disposizioni fiscali di questo periodo?

No.
Vi sono disposizioni già approvate che trovano attuazione proprio in questi giorni.
Ad esempio l’aumento dal 28/06/2011 delle accise sui carburanti (benzina e gasolio) di 4 €cent per litro, a finanziamento dei fondi legati all’emergenza immigrazione. Dal 01/07/2011 entreranno in vigore ulteriori accise per 1,9 €cent per litro, previste dal decreto sul fondo unico per lo spettacolo.
Il totale delle accise salirà quindi a 61,32 €cent per litro sulla benzina e a 47,22 €cent sul gasolio. Più Iva 20%.

Bozza Manovra Economica in formato PDF.

Strada per sole bici in Germania


Dortmund e Duisburg saranno collegate da una strada lunga 60 km e larga 5 m riservata alle bici. Correrà a fianco della autostrada che unisce le due città industriali della Ruhr, dove il traffico ha raggiunto la velocità lumaca di 31 kmh.

Sarà tutta in piano, senza incroci e illuminata di notte. Fa parte del piano per implementare l’uso della bici nel Nordreno-Westfalia, dove sono già state costruite 7700 km di piste ciclabili con un investimento di 1,4 miliardi di euro

fonte: www.ecoturismoreport.it

19 giugno 2011

Napoli: le nomine di De Magistris


Giunta De Magistris: chi si occuperà di ambiente traffico e rifiuti. Tommaso Sodano vicesindaco e assessore all'Ambiente, Anna Donati ai Trasporti e Raphael Rossi nel Cda di Asia. Le biografie dei nominati


Anna Donati

(Assessore ai Trasporti)

Anna Donati è esperta di mobilità sostenibile, tutela del territorio ed infrastrutture.
Ha maturato una significativa esperienza nel settore dei trasporti, del suo impatto ambientale e delle soluzioni sostenibili, a partire dall'esperienza di Assessore alla Mobilità del Comune di Bologna, con l’impostazione del Piano Urbano del traffico (1993-95), ispirato a criteri di sostenibilità, con progetti innovativi di regolazione della mobilità, di rilancio del trasporto collettivo, interventi di moderazione del traffico e di potenziamento per l'uso della bicicletta e l’introduzione dell'innovativo sistema telematico (Sirio) di controllo degli accessi al centro storico, diventato poi un modello di gestione predisposto da numerose città italiane.
Nel 1994 ha fondato a livello europeo il network Car Free Cities, alleanza di 60 città europee per promuovere la mobilità sostenibile.
Dal 1995 al 2001 è stata responsabile trasporti e infrastrutture del WWF Italia. Ha promosso politiche innovative a favore del trasporto collettivo, per l'adozione di Piani Urbani del traffico, contro l'inquinamento e le infrastrutture inutili ad elevato impatto ambientale; per l'adozione del protocollo di Kyoto. Ha promosso la 1° Conferenza nazionale per una mobilità sostenibile degli ambientalisti italiani, organizzata da WWF, Legambiente e Italia Nostra (1998) che ha dato impulso al nuovo Piano Generale dei Trasporti e della Logistica, approvato dal Governo.
Dal 1998 al 2001 è stata nominata Consigliere d'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato dove ha seguito le relazioni con le associazioni dei consumatori e dei pendolari per il miglioramento della qualità dei servizi ai passeggeri, l'incremento del trasporto merci, l'accelerazione degli investimenti in particolare sui nodi ferroviari metropolitani, il risanamento economico dell'azienda.
È stata eletta in Parlamento per tre legislature. Dal 1987 al 1992, alla Camera dei Deputati, con il primo ingresso dei Verdi in Parlamento. Nel 2001-2006 è stata eletta al Senato, poi riconfermata nel 2006-2008. Ha fatto parte delle Commissioni Lavori Pubblici e Trasporti occupandosi delle politiche di mobilità in collaborazione con la consulta Anci ed Asstra, e Federmobilità, per migliorare i servizi di trasporto collettivi e la riduzione delle emissioni inquinanti e dei gas serra.
Si è impegnata per l'adozione del protocollo di Kyoto da parte del Governo Italiano e per l'attuazione delle direttive europee in materia di qualità dell'aria.
Nella legislatura 2006-2008 stata Presidente della Commissione Lavori pubblici e Comunicazioni del Senato. Ha promosso il sostegno agli investimenti ferroviari e per i pendolari, la riqualificazione e la riforma del trasporto pubblico locale, con risorse strutturali per lo sviluppo e il rilancio del servizio per i cittadini e la mobilità sostenibile nelle città.
Ha ottenuto risorse per lo sviluppo della logistica, intermodalità e la crescita del trasporto via mare. Si è impegnata per l'adozione in Italia della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) su Piani e Programmi e ha seguito la revisione del Piano Generale della Mobilità.

Tommaso Sodano
(Vicesindaco e Assessore all'Ambiente)

Tommaso Sodano è nato a Pomigliano D'Arco (Napoli) 50 anni fa ed è laureato in Scienze Agrarie.
Negli anni '70 partecipa alla grande stagione di lotte impegnandosi nel Movimento degli Studenti, nelle battaglie civili per il diritto allo studio, al lavoro e per la democrazia. La militanza nella sinistra lo porta ad aderire, sin dall'inizio, a Rifondazione Comunista, partecipando alla sua costituzione e al suo radicamento sul territorio. Coniuga l'impegno politico con il lavoro da agronomo: è dirigente per l'Italia centro-meridionale di una azienda impegnata nel settore agricolo.

Dal 2001 è Senatore della Repubblica, ruolo istituzionale che ha ricoperto sia nella XIV che nella XV Legislatura. Nel 2006 è stato eletto al Senato, dove è Presidente della Commissione Territorio, Ambiente e Beni Ambientali, nonché vice-presidente e segretario del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea. Da Presidente della Commissione Ambiente si è dato da fare attivamente su temi scottanti: centrali a carbone, riapertura delle discariche, consumo di suolo, tutela di monumenti e aree archeologiche, protezione della biodiversità, incentivi alle fonti energetiche sporche (CIP6) e ripubblicizzazione del servizio idrico.

Nel corso della sua attività parlamentare ha presentato come primo firmatario 21 disegni di legge e 461 interrogazioni parlamentari su numerose tematiche: dall'ambiente al diritto allo studio, dal contrasto alla criminalità organizzata alla difesa della libertà di informazione. Sua l'iniziativa legislativa su temi scottanti del settore lavoro come quella per garantire un giusto risarcimento alle persone esposte all'amianto o quella volta ad introdurre una seria tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sottoposti a molestie morali e psicologiche (mobbing), così come sua la battaglia per varare un Piano per la sicurezza dell'area Vesuviana. Particolarmente importante il lavoro che ha svolto nella Commissione di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata e in quella sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, dove è riuscito a portare alla luce le gravi responsabilità nella gestione dell'intero ciclo dei rifiuti in Campania.

Precedentemente alla sua attività parlamentare ha ricoperto numerosi incarichi. Come Membro del Comitato delle Regioni dal 1998 al 2001 si è occupato di rilevanti temi come l'emarginazione sociale e il problema della sicurezza alimentare nell'Unione Europea (OGM, BSE, Diossina.). Negli anni dal 1995 al 1999 è stato Assessore alle Attività Produttive, Agricoltura e Turismo della Provincia di Napoli, lavorando assiduamente per promuovere e valorizzare settori strategici per la ripresa economica del territorio. Con il rinnovo della Giunta Provinciale, dal 1999 al 2001 è poi divenuto Assessore allo Sviluppo Economico, Lavoro, Formazione Professionale e Cooperazione Internazionale, ruolo che lo ha portato a rivestire un ruolo fondamentale come rappresentante delle istituzioni campane presso il governo.

Raphael Rossi
(Cda Asia)

Classe 1974, ha doppia nazionalità italiana e francese. E’ laureato in Scienze delle Comunicazioni all’Università di Torino, con indirizzo comunicazione istituzionale e d’impresa e con una tesi in economia delle istituzioni internazionali. Dal 1994 al 2000 si occupa per varie società di organizzazione e direzione di eventi fieristici e di diverse attività di comunicazione. E’ l’addetto stampa di mostre e fiere di vario genere. Dal 2000 si specializza nel settore ambientale iniziando una collaborazione con Achabgroup, una società di comunicazione specializzata nelle tematiche ambientali. In questa veste sarà protagonista dello start-up di Achab-Piemonte e ne diventa direttore. Anche in collaborazione con alcuni soggetti tecnici e progettuali come il consorzio di Bacino Padova 1 e la società Sintesi srl partecipa allo sviluppo di decine di progettazioni e l’avviamento di sistemi di raccolta porta a porta in molti Comuni e Consorzi della Provincia di Torino. Dal novembre 2003 viene nominato dal Comune di Torino membro del CdA di Amiat SpA (Azienda Multiservizi Igiene Ambientale di Torino), l’azienda di servizio della Città di Torino. Questo nuovo incarico lo spinge ad abbandonare i precedenti impegni professionali in Provincia di Torino, inizia cosi una collaborazione con la Scuola Agraria del Parco di Monza e “Il gruppo di studio sul compostaggio e la gestione dei rifiuti”. Con il completo rinnovo del CdA di Amiat viene nominato Vice Presidente dell’azienda. E’ tra i fondatori di Esper e vi ha seguito numerosi progetti, ricerche e commesse, tra le quali non si può non ricordare l’emergenza rifiuti a Napoli del maggio 2008 o l’attivazione del porta a porta sulla città di Roma. Ha pubblicato vari articoli sulle riviste di settore ed ha partecipato in qualità di relatore a decine di convegni e varie docenze universitarie.

Lui si presenta così: “Sono un tecnico che lavora per un ente di studio in materia di rifiuti e mi sono specializzato nelle raccolte porta a porta e nella prevenzione. Da tecnico sono stato scelto come amministratore dell'azienda pubblica della città di Torino, della quale sono stato vicepresidente. Ho fermato degli acquisti inutili mentre altri provavano a sbloccarne altri inutili con una tangente. Ho denunciato tutto alla Procura della Repubblica e dopo una lunga inchiesta gli indagati sono stati arrestati ed ora verranno processati. Inizio questo blog perché non mi sarei mai aspettato tutta questa freddezza dalle istituzioni e tutto questo calore dai cittadini e dai media. Io ho fatto una cosa normalissima, come fermarsi al semaforo quando è rosso. Invece è successo di tutto, compresi molti segnali di isolamento dalle istituzioni. Scrivo per tenere informati del processo che parte fra poco e per fare qualcosa contro la corruzione che è una emergenza nazionale”.

da Eco dalle città - 13 giugno 2011

17 giugno 2011

Referendum: mai piu’ leggi contro l’ambiente e i beni comuni

Italia Nostra scrive a tutti i senatori e deputati:
eliminate gli articoli 3,4 e 5 del Decreto sviluppo

“D’ora in poi nessuno potrà fare leggi contro l’ambiente e contro il patrimonio culturale. La vittoria dei si ai referendum dimostra che i cittadini italiani vogliono un altro sviluppo, sostenibile e rispettoso dell’ambiente. Questa è una grande vittoria degli ambientalisti, di tutte le associazioni come la nostra che si sono battute e che hanno sensibilizzato i cittadini a lottare e votare per difendere i loro beni comuni che qualcuno tenta di strappargli via. Ora rimane aperta ancora una battaglia, quella contro alcuni articoli del decreto sviluppo che minaccia il nostro patrimonio ambientale e culturale”. E’ il commento di Alessandra Mottola Molfino, presidente di Italia Nostra, alla vittoria dei si per i referendum. “C’è ancora un’altra battaglia da vincere, quella contro alcuni articoli del decreto sviluppo”.

Italia Nostra, infatti, propone oggi al Parlamento una riflessione molto seria e argomentata sui danni che deriverebbero al Paese dall’approvazione del cosiddetto “decreto sviluppo”, dl n.70. 2011, in particolare sugli Artt.3-4-5. Una lettera a firma della presidente Alessandra Mottola Molfino sta per essere recapitata al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ai Presidenti di Camera e Senato, ai presidenti delle competenti commissioni parlamentari e a tutti i deputati e senatori. La riflessione è il frutto di studi approfonditi condotti per Italia Nostra dal gruppo di giuristi dell’Associazione (tra i quali anche Marco Bondesan, Achille Cutrera, Giovanni Losavio, Urbano Barelli). L’associazione ambientalista segnala gravi perplessità proprio sul modello di sviluppo che il decreto vuol perseguire: uno sviluppo degenerato che si fonda ancora sul consumismo, sul cemento e sulla distruzione dei beni comuni, come le spiagge, le coste, il patrimonio culturale.

“Il decreto sviluppo è un testo oscuro, nelle cui pieghe si nascondo disposizioni che incidono gravemente sul nostro patrimonio e sullo sviluppo stesso. I nostri avvocati lo hanno passato al setaccio trovando norme del tutto incostituzionali” sottolinea la presidente. Il decreto-legge in esame si propone di rilanciare l’economia puntando, tra le altre cose, ad incrementare il turismo riconoscendo il diritto di superficie sugli arenili, sulla costruzione di opere pubbliche e sulla “liberalizzazione” di quelle private. “Nell’economia della conoscenza e dell’ambiente, però, la crescita non è fatta di cemento e mattoni, bensì di idee e creatività – aggiunge Mottola Molfino - . Il caso Germania dovrebbe essere di esempio a tutti gli altri paesi. Il segreto tedesco non sono il cemento ed i mattoni, ma l’innovazione, la ricerca e l’organizzazione dell’industria dell’innovazione. Inoltre Thomas L. Friedman, noto editorialista di Repubblica e saggista statunitense ha sottolineato come “oggi stiamo consumando più risorse di quante ne possano essere ripristinate in modo sostenibile, al momento il tasso di crescita globale sta utilizzando circa una Terra e mezza: di conseguenza stiamo pregiudicando il futuro”. Siamo sicuri che il consumo e la distruzione delle spiagge, del paesaggio e del territorio sia la strada giusta per la crescita del nostro paese? Siamo sicuri che l’economia delle costruzioni consentirà una crescita maggiore dell’economia della cultura, della conoscenza e dell’ambiente?”.

I PUNTI CONTESTATI DA ITALIA NOSTRA

Numerose sono le violazioni puntualmente indicate nel parere di Italia Nostra soprattutto negli artt. 3, 4 e 5. dei quali l’associazione chiede quindi la soppressione.

UNA SANATORIA EDILIZIA OCCULTA

L’art. 3, comma 1, lett. a), secondo periodo, prevede che le costruzioni già esistenti e insediate su aree/spiaggia, ovvero scogliera, possono essere mantenute nel nuovo regime del diritto di superficie. A questo riguardo è indifferente che la durata del diritto di superficie sia di 20 anni o di 90 anni come inizialmente preteso dal Governo, per il fatto che, qualunque sia la durata del diritto, esso rischia di presentarsi come una vera e propria sanatoria edilizia occulta rispetto a quanto abusivamente già costruito sulle coste d’Italia. Si tratterebbe di una sanatoria che tocca e incide un diritto demaniale dello Stato che costituisce bene comune, di tutti i cittadini della Nazione, imprescrittibile per sua natura e inalienabile. L’invenzione del diritto di superficie per gli arenili costituisce violazione del principio di inalienabilità del Demanio pubblico, perché il diritto di superficie è un diritto di proprietà sotto tutti gli aspetti. La costituzione del diritto di superficie sulle spiagge e sulle scogliere per le edificazioni già realizzate significa “acquisto di una proprietà piena a favore dell’occupante” con sottrazione alla tutela spettante all’Autorità pubblica per le finalità essenziali di diritto pubblico che sono tipiche di queste aree. Questo provvedimento, dunque, tenderebbe a PRIVATIZZARE I PROFITTI E SOCIALIZZARE LE PERDITE.

FEDERALISMO DEMANIALE: LA SVENDITA DEL PATRIMONIO ARTISTICO PUBBLICO

Sull’art.4, comma 16.

La finalità della modifica dell’art.10, comma 5, del Codice dei beni culturali e del paesaggio (e conseguentemente dei successivi articoli 12, 54, 59) è sfrontatamente dichiarata: quella cioè di includere nell’automatismo dei trasferimenti dei beni immobili dello stato a regioni ed enti territoriali locali, come previsti nel decreto legislativo n.85 del 2010, anche quei beni che ne sarebbero esclusi perché considerati di interesse culturale dal “codice”, risalendo la loro esecuzione ad oltre cinquant’anni e cioè nel precedente ventennio. Con la modifica del comma 5 dell’articolo 10 del Codice, per tutti i beni immobili appartenenti non solo allo stato, ma ad ogni altro ente pubblico e a tutti gli enti privati non a scopo di lucro ivi compresi gli enti ecclesiastici, è elevato a settant’anni il limite temporale di appartenenza al patrimonio storico e artistico, contro il principio generale convenzionalmente posto dalla legge Rava – Rosadi del 1909 e dunque consolidato da oltre un secolo nel nostro ordinamento della tutela e attraverso la sua coerente prassi attuativa.

Per superare l’esclusione dei beni culturali dello stato dai processi di automatico trasferimento, il decreto legge ha così operato una assurda amputazione del patrimonio storico e artistico della nazione. Infine la previsione del silenzio-assenso di cui all’ultimo paragrafo del comma 16 in esame, risulta in contrasto sia con il principio più volte ribadito dalla Corte costituzionale in forza del quale “il silenzio dell'amministrazione preposta al vincolo ambientale non può avere valore di assenso" (Corte costituzionale n.404 del 1997, n. 26 del 1996 e n. 302 del 1988), sia con la legge n.241 del 1990 che reca i principi generali dell’attività amministrativa tra i quali l’esclusione del silenzio-assenso per il procedimenti riguardanti “il patrimonio culturale e paesaggistico” (art.20, comma 4).

IL NUOVO PIANO CASA, UNA GIUNGLA INCONTROLLABILE

L’art.5 del decreto in esame, è espressamente formulato “per liberalizzare le costruzioni private”. La novità è costituita dal silenzio assenso per il permesso di costruire (salvo i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici e culturali) e dall’ estensione della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) agli interventi edilizi prima consentiti con la denuncia di inizio attività (DIA).

Questo tipo di semplificazione non è una novità ma accelera il percorso di impoverimento, svalutazione e depotenziamento dell’attività demandata alle pubbliche amministrazioni.
Ma c’è di più: Il nuovo Piano Casa con l’art. 4.5. rappresenta una violazione degli artt.2, 3, 9 e 42 della Costituzione, nonché della Convenzione europea sul paesaggio.

Con l’ennesimo Piano casa si attribuisce, infatti, ai privati la scelta di ampliare ulteriormente l’abitazione, in deroga alla pianificazione urbanistica comunale, con una profonda modificazione nei rapporti tra bene pubblico e interessi privati, tra poteri di governo della società e sfera di autodeterminazione garantita ai proprietari degli immobili esistenti. Ma il Piano casa comporta che gli interventi su singole unità immobiliari e quelli di rinnovamento del patrimonio edilizio esistente diventino oggetto di una deroga ope legis alla pianificazione urbanistica locale, deroga alla quale il Comune non può opporsi, neanche motivatamente. E’ inoltre evidente che il territorio è un bene limitato e l’aumento incontrollato degli ampliamenti è contrario al principio di solidarietà tra generazioni e all’obiettivo di un ambiente urbano sostenibile, così come evidente è la violazione del principio di partecipazione pubblica alle scelte di pianificazione urbanistica (art.9, L.1150/42).

4.6. Violazione dell’art.117, comma 3, Cost., nonché dell’art.1, L.n.131/2003.

L’art.117, comma 3, Cost. stabilisce che il “governo del territorio” è materia di legislazione concorrente di Stato e Regioni e che “spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”. L’art.1, comma 3, della L.n.131/03 prevede che “nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente, le Regioni esercitano la potestà legislativa nell’ambito dei principi fondamentali espressamente determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti”. Quindi per legiferare in materia di governo del territorio, lo Stato può solo dettare i principi fondamentali, mentre nel caso in esame il decreto-legge scende nel dettaglio dei titoli abilitativi (permesso di costruire con il silenzio-assenso, S.c.i.a.), delle volumetrie (comma 9, lett.a; comma 14), della delocalizzazione (comma 9, lett.b), delle modifiche di destinazione d’uso (comma 9, lett.c), del permesso in deroga (comma 10, lett.a), dell’approvazione dei piani attuativi da parte della Giunta comunale (comma 10, lett.c). La Corte costituzionale ha precisato in proposito che “in riferimento alla disciplina del condono edilizio … solo alcuni limitati contenuti di principio di questa legislazione possono ritenersi sottratti alla disponibilità dei legislatori regionali, cui spetta il potere concorrente di cui al nuovo art.117 Cost. (ad esempio certamente la previsione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria di cui al comma 1 dell’art.32, il limite temporale massimo di realizzazione delle opere condonabili, la determinazione delle volumetrie massime condonabili)” (Corte cost., 28 giugno 2004, n.196; in tal senso anche: Corte cost., 11 febbraio 2005, n.70).

Roma, 13 giugno 2011

8 giugno 2011

Primato ‘green’ per Trentino, Basilicata e Friuli Venezia Giulia


A dirlo è l’Indice di Green Economy 2011

Le analisi di Fondazione Impresa rilevano le migliori performance “verdi” al Nord, ma il Sud va meglio su turismo ed agricoltura

(Rinnovabili.it) – Trentino Alto Adige, Basilicata e Friuli Venezia Giulia sembrano essere le regioni più “green” d’Italia – è quanto emerge dall’Indice di Green Economy 2011 (IGE) di Fondazione Impresa, che recentemente ha aggiornato ed ampliato i settori coinvolti nell’economia verde.
Energia, agricoltura biologica, imprese e prodotti, trasporti, edilizia, rifiuti e turismo sostenibile – da questi comparti l’IGE ha potuto comporre la fotografia dell’Italia verde e stilare una classifica delle regioni italiane più orientate alle opportunità di business offerte dalla Green Economy.

In particolare, l’analisi di Fondazione e Impresa rileva che quasi tutte le regioni settentrionali hanno registrato le performance migliori nei settori dei rifiuti e dell’edilizia. I dati sulla raccolta differenziata ad esempio dimostrano che Trentino Alto Adige, Veneto, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia differenziano rispettivamente il 56,8%, 52,9%, 48,5%, 46,2%, 42,7%, 42,6% dei rifiuti totali, contro una media italiana di circa 30 punti percentuali.
Stessa cosa per quanto riguarda i dati raccolti sulle detrazioni fiscali del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici: Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto, hanno inviato l’11,2%, il 9,9% e il 7,4% delle documentazioni ogni 1.000 abitanti, contro una media italiana del 4%.

Il Trentino invece, sembra conquistare il primo posto insieme a Campania e Lazio, (dati IGE alla mano), con un netto bilancio positivo sulla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, carbon intensity ed efficienza energetica.
Inoltre, per quanto riguarda il dato relativo esclusivamente alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige superano i 90 punti percentuali, contro una media italiana di 23,7%.

Non mancano comunque le eccellenze di alcuni business specifici, come ad esempio l’agricoltura biologica e il turismo sostenibile: in questo campo le statistiche dell’IGE dimostrano che le regioni meridionali come Basilicata, Sicilia, Calabria, Sardegna, Marche, Umbria, Puglia risultano essere ai primi posti della classifica.
Secondo alcuni ricercatori di Fondazione e Impresa, i dati dimostrano che – “la Green Economy va considerata come una vocazione dell’intero Paese e non prerogativa assoluta di una specifica area geografica.
“Tuttavia – continuano – alcune differenze tra aera e area ci sono. Nord e Sud sembrano esprimere due modi diversi di concepire la Green Economy: un primo approccio centrato sulla sensibilità ambientale espressa dai singoli individui e un secondo approccio invece maggiormente orientato alle opportunità di business offerte dalla cosiddetta rivoluzione verde, quali risorse da spendere in una strategia di sviluppo economico diversa da quella tradizionale”.

Per maggiori informazioni sugli argomenti trattati in questo articolo

da: http://www.bioecogeo.com

Film vincitori di CinemAmbiente


CinemAmbiente ha appena concluso la sua 14a edizione confermando il grande successo di pubblico in sala e di presenze alle iniziative collaterali, come gli aperitivi letterari e FierAmbiente. Quest'ultima, alla sua prima edizione, ha colorato di verde le vie del centro di Torino e avvicinato i cittadini a temi come la sostenibilità e le buone pratiche.

I dati registrano la presenza di 20.000 spettatori,'un grande successo rispetto alla passata edizione' come dichiara il direttore Gaetano Capizzi, 'soprattutto considerando le condizioni climatiche non favorevoli e il conseguente annullamento delle proiezioni all'aperto'.

Enorme anche il successo della sezione Ecokids, organizzata con il sostegno del Ministero dell'Ambiente, e dell'iniziativ! a 'Al cinema con mamma e papà', che hanno avvicinato giovani e giovanissimi alle tematiche ambientali e ai comportamenti ecosostenibili.

Numerosi gli ospiti internazionali, con circa 50 registi per gli oltre 100 film in competizione e fuori concorso. Sono dati che confermano il ruolo centrale che CinemAmbiente svolge in Europa per quanto riguarda la diffusione del green cinema.

VINCITORI E PREMI

La giuria composta da Michael Cimino, Mimmo Calopresti, Myriam Gast-Loup, Paola Maugeri, Mario Tozzi assegna il premio Asja del valore di 5000 euro al miglior documentario internazionale :
THERE ONCE WAS AN ISLAND della regista Briar March, per la chiara esposizione di uno dei maggiori problemi ambientali del terzo millennio, cioè il cambiamento climatico che provoca l'innalzamento del livello degli oceani.


Per il Concorso Documentari Italiani, la giuria composta da Bunna (Africa Unite), Enrico Camanni, Simona Risi&nbs! p; assegna il premio CIAL del valore di 3000 Euro al miglior documentario italiano al film: LORO DELLA MUNNIZZA dei registi Marco Battaglia, Gianluca Donati, Laura Schimmenti, Andrea Zulini, per la capacità di raccontare l'umanità e la dignità dei 'cenciaioli' di Palermo.

La Giuria assegna inoltre il Premio speciale Sub-Ti del valore commerciale di 1200 euro per la sottotitolazione di una sua opera al film POLVERE dei registi Niccolò Bruna e Andrea Prandstraller, per aver realizzato un'inchiesta efficace sul dramma dell 1'amianto.

POLVERE riceve inoltre la Menzione Speciale Legambiente, assegnata dai giurati Fabio Dovana, Salvatore Venezia e Federico Vozza.

La Giuria composta da Heinrich Hermanns, Andrea Segrè, Lia Furxhi assegna il premio di 2000 euro offerto da Istituto Europeo di Design al miglior cortometraggio al film UN MONDE POUR SOI del regista Yann Sinic, per la profondità con cui racconta l'urbanizz! azione delle aree rurali in relazione al limite delle risorse naturali.

La Giuria assegna inoltre una Menzione Speciale al film DIVE! LIVING OFF AMERICA'S WASTE del regista Jeremy Seifert, per aver posto l'attenzione sullo scandalo dello spreco alimentare in un Paese 'sviluppato' come gli USA.
Il film riceve inoltre la Menzione Speciale WWF, assegnata da Martin Atkin, Riccardo Fortina, Isabella Pratesi

La giuria del Premio Consulta Provinciale degli Studenti di Torino assegna il premio del valore di euro 1.500 offerto da CPS a INTO ETERNITY di Michael Madsen.
Lo stesso film riceve inoltre la menzione speciale GREEN CROSS ITALIA.

5 giugno 2011

Water makes money: film e riflessioni sul tema


di Massimo Marino

Water makes money è un film per l’acqua pubblica che ha già fatto discutere di sé dopo la proiezione in prima visione in più di 150 città europee il 23 settembre scorso e la denuncia da parte della Veolia (grande multinazionale del settore) per diffamazione. Ma i registi, i tedeschi Leslie Franck e Herdolor Lorenz, che avevano già affrontato il tema della privatizzazione dell’acqua nel 2005 con "H2O up for sale" e subìto una clamorosa censura televisiva a causa delle pressioni della Veolia, non si erano arresi colpendo ancora più duro con questo secondo documentario.
L’azienda francese, numero uno mondiale nel settore dell’acqua, presente in 69 paesi, Italia compresa, insieme all’altro colosso francese Suez, è al centro di un’inchiesta sulla gestione privata dell’acqua.

Partendo dall’esempio francese, dove l’acqua corrente di otto cittadini su dieci è gestita da una delle due aziende, gli autori mettono in luce i limiti della privatizzazione delle rete pubbliche di distribuzione dell’acqua. Aumento del prezzo, scarsa qualità del servizio e mancanza di trasparanza sono le principali accuse rivolte dalle associazioni cittadine alle aziende dopo le privatizzazione. Tanto è che un centinaio di municipalità francesi, tra cui Parigi, cercano ora di fare marcia indietro e di riacquistare le rete di approvigionamento. Per produrre il film, i registi hanno fatto appello alla generosità dei cittadini, raccogliendo soldi tramite un appello lanciato su internet. Hanno scelto questo modo originale perchè nessuna TV era disposta ha finanziare un simile lavoro: “almeno cinque TV hanno iniziato inchieste sul tema, ma hanno dovuto rinunciare a causa di pressione venute dall’alto, non si poteva fare un simile progetto in Francia”, ha detto Jean-Luc Touly, un ex-dipente di Veolia, al giornale Rue89.

Water Makes Money, “come le multinazionali fanno profitti sull’acqua” descrive come le multinazionali gestiscono il servizio pubblico della distribuzione dell’acqua esclusivamente in base ai profitti che ne possono ricavare. Fa vedere come sono aumentati artificialmente i prezzi del metro cubo, mentre gli investimenti per la manutenzione della rete sono diminuiti, il tutto per aumentare i profitti. La versione italiana di Water Makes Money non solo mostra il meccanismo perverso del profitto sul bene comune acqua, ma mette in risalto esperienze di ripubblicizzazione dell’acqua come quello di Parigi. "Quando il 12 giugno 2011, un’intera nazione andrà alle urne contro la privatizzazione dell’acqua e per una gestione pubblica l’ Europa non potrà far finta di nulla" dicono i registi Leslie Franke e Herdolor Lorenz. "Soltanto un ente locale sotto controllo dei cittadini, continuano i registi, può mettere a disposizione acqua potabile, esercitare la tutela della risorsa e dare la garanzia di un prezzo socialmente accettabile” .

1) Circa 20 anni fa è iniziata in tutto il mondo un’ondata di privatizzazione del servizio idrico. In molti paesi, anche europei, oggi l’acqua potabile è quasi un lusso che i più poveri non possono permettersi. Ma anche in quei paesi, come l’Italia, nei quali non c’è ancora scarsità a quei livelli, gli effetti delle privatizzazioni sono sotto gli occhi di tutti: aumenti delle tariffe, nessuna riduzione delle perdite, drastico peggioramento della qualità del servizio. Per non parlare della qualità dell’acqua conseguente alle azioni antropiche dell’uomo.


2)
I processi di privatizzazione della gestione del servizio idrico in Italia, con forme più o meno accentuate, a macchia di leopardo, sono in atto ormai da 15 anni. La Legge Galli del 1994, nel ridefinire giustamente il servizio idrico come integrato nelle sue diverse fasi di captazione, distribuzione e depurazione e nel dividere altrettanto giustamente il territorio in ambiti territoriali ottimali secondo i bacini idrografici, ha tuttavia contemporaneamente introdotto il full cost ricovery, ovvero l’intero carico dei costi sulla tariffa dei cittadini, inserendo nella stessa anche l’adeguata remunerazione del capitale investito, ovvero la garanzia dei profitti per gli investitori. Questo ha comportato l’avvio della trasformazione di tutte le aziende municipalizzate in Società per Azioni, ovvero in enti di diritto privato, il cui scopo prevalente diventa la produzione di dividendi per gli azionisti. Che fossero a totale capitale pubblico, a capitale misto o interamente private, il risultato, con accentuazioni diverse, è stato quello di modificare la natura del servizio pubblico in servizio a scopo unicamente remunerativo, fino all’estremo del collocamento in Borsa delle società gestrici.

3) Consapevoli di non avere più il consenso, le lobbies politico-economiche oggi non rivendicano più le privatizzazioni, bensì le mascherano dietro nuovi concetti commerciali come “liberalizzazioni” o “partenariato pubblico-privato”. Dicono che faranno investimenti per le infrastrutture, ma i dati mostrano il contrario. I risultati in termini di aumento delle tariffe, riduzione della qualità del servizio, caduta verticale degli investimenti, aumento dei consumi e degli sprechi di acqua, sono noti. Nella trasformazione privatistica del servizio idrico ha naturalmente agito anche il progressivo abbandono da parte della politica del proprio ruolo di garante dell’interesse generale, diventando luogo di interessi particolaristici. Già nel 2007 il Forum italiano dei movimenti per l’acqua aveva presentato, con oltre 400.000 firme, una legge d’iniziativa popolare dentro la quale la gestione pubblica fosse considerata condizione necessaria per togliere l’acqua dal mercato e i profitti dall’acqua, ma non sufficiente, se non fondata sul coinvolgimento delle comunità locali alla gestione dell’intero ciclo sull’acqua.

4) In questo senso, anche la proposta di un’autorità indipendente, non coglie l’essenza del problema : essendo il servizio idrico un monopolio naturale, non ha senso la liberalizzazione dello stesso e ed anche forse una autorità regolatoria di un mercato inesistente. L’istituzione dell’Authority, inserita dal Governo nel Decreto per lo Sviluppo, si propone di annullare o almeno depotenziare i referendum; ma indipendentemente dalla vicenda referendaria, l’idea ha raccolto pareri favorevoli non solo nella maggioranza di governo. Va chiarito, dal testo governativo, che l’Authority istituita viene a sostituire l’attuale Commissione di Vigilanza sulle risorse idriche (Com. Vi. Ri.) con un semplice allargamento di alcune competenze e possibilità sanzionatorie, senza alcuna nuova incisività sostanziale. Serve davvero un’Authority? Ed è sufficiente a garantire i diritti dei cittadini? L’Authority è un’istituzione regolativa della libera concorrenza, ovvero presuppone l’esistenza di un mercato plurale che richieda regole e di controlli. Ma il servizio idrico, è un monopolio naturale, poiché in ogni territorio passa uno e un solo acquedotto; dunque l’unica alternativa è fra la gestione pubblica o privatistica dello stesso. Se esiste un unico gestore almeno per diversi decenni, questo significa che non si sarà mai in presenza di alcun mercato concorrenziale e che, di conseguenza, non serve alcuna autorità di regolazione. Ma l’Authority serve, dicono i suoi fautori, perché il pubblico non è in grado di controllare. Singolare ragionamento: non si capisce infatti perché un pubblico considerato incapace ( o corrotto?) dovrebbe produrre un’autorità efficiente (incorruttibile?) o, viceversa, perché un pubblico considerato efficiente dovrebbe aver bisogno di un’autorità che ne faccia le veci.

5) In realtà l’esito positivo dei due referendum sull’acqua costituirebbe un buon avvio, non solo per riaffermare la natura di bene comune e diritto umano universale dell’acqua, ma per impostare una gestione democratica e socialmente orientata del servizio idrico integrato. Abbandonando per palese fallimento il modello del full cost ricovery, in favore di un nuovo modello di finanziamento, che, attraverso il combinato disposto di fiscalità generale, finanza pubblica (prestito irredimibile) e tariffa consenta, senza aggravi sul debito pubblico e sul deficit pubblico, il reperimento delle risorse necessarie per gli investimenti infrastrutturali, che sono una grande opera pubblica necessaria. Si tratta di una battaglia di diritti e di democrazia, che va ben oltre il contrasto alle ultime normative privatizzatici dell’attuale governo: non a caso, il Forum italiano dei momenti per l’acqua e la estesa coalizione sociale che hanno promosso i referendum, raccogliendo quasi un milione e mezzo di firme, sono un’espressione di cittadinanza attiva dal basso, ben poco riconducibile ai classici schemi politicisti del confronto destra/sinistra. Un vero corpo sociale alternativo in nuce, che attraverso la riappropriazione di beni comuni può indicare una via diversa di uscita dalla crisi economica, ecologica e di democrazia nella quale siamo da tempo immersi Comunque nessun Decreto legge ha potuto sostituire la richiesta di abrogazione referendaria; perché l’istituzione dell’Authority nulla a che fare con i quesiti referendari, che chiedono, rispettivamente, l’abrogazione del Decreto Ronchi (primo), ovvero dell’obbligo di messa a gara della gestione del servizio idrico e l’abrogazione, dalla determinazione della tariffa, della parte relativa alla remunerazione del capitale investito (secondo), ovvero dei profitti per il gestore garantiti in tariffa.