9 luglio 2012

Dopo questi due decreti, pronti anche per la strategia energetica?


Le rinnovabili e l'exploit del fotovoltaico creano problemi al settore energetico tradizionale. Il Ministro dello Sviluppo Economico ne prende atto ed esegue, mettendo un freno alle energie pulite. Gli unici settori in crescita ora dovranno tagliare giro d'affari e addetti. E ora vogliamo anche una strategia energetica nazionale da questi signori?


In questi primi sei mesi del 2012 la produzione di elettricità da fotovoltaico in Italia è stata esattamente pari a quella dell'intero 2011: 9,2 TWh, cioè al 6,6% della produzione totale 2012 fino a fine giugno e il 5,7% della domanda, come si evince dai dati forniti da Terna. Una quota che sarà più rotonda per fine anno, quando forse un altro paio di gigawatt si aggiungeranno agli attuali 14 GW.
Questa nuova massiccia produzione da fotovoltaico è il vero obiettivo del rallentamento al settore che viene sancito con il nuovo decreto sul quinto conto energia firmato lo scorso venerdì, insieme a quello sulle altre rinnovabili elettriche. Il nostro sistema elettrico, e le produzioni elettriche centralizzate tradizionali e da fonte fossile, non vogliono e non possono accettare uno sviluppo ulteriore di queste tecnologie. Il FV soprattutto abbassa fortemente il prezzo in Borsa nelle ore diurne e se lasciato libera di diffondersi (vedi qui), senza quel fardello burocratico che il nuovo DM gli accolla (vera liberalizzazione del mercato, operatività dei SEU, scambio sul posto oltre i 200 kW), anche con tariffe molto ridotte, rapidamente raggiungerebbe quella soglia della copertura del fabbisogno elettrico totale del 10% che tutti prevedevano, appena due anni fa, non prima del 2020. Il braccio operativo di questo pessimo decreto è il Ministero dello Sviluppo, con la complicità di quello dell’Ambiente (che si è solo debolmente opposto, spesso a parole, al diktat degli uomini di Passera) e dell’Agricoltura.

Ma i veri mandanti sono i poteri energetici di questo paese che stanno spendendo da tempo molte energie “intellettuali” per accusare le rinnovabili di scempi ambientali e del caro bolletta (tralasciando sistematicamente i costi del gas e altri oneri legati alle fonti fossili). Gli stessi che (a pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina) forse sono dietro anche alla sconcertante trasmissione ‘Speciale TG1’ di domenica sera curata dalla della giornalista “embedded” (di chi stavolta?) Monica Maggioni, che per quasi un’ora ha fatto il punto solo sulle negatività ambientali ed economiche delle rinnovabili, in particolare di eolico e fotovoltaico.
Alla faccia delle ipocrite parole sulla crescita proferite ormai quotidianamente dal Governo Monti, già nelle prossime settimane molte aziende del settore saranno costrette a licenziare collaboratori e dipendenti e a veder drasticamente ridotto il loro giro di affari, proprio di uno dei pochissimi comparti che in questi anni aveva dimostrato che si poteva produrre diversamente reddito e occupazione.
Oltre alle premesse del decreto ministeriale (i ‘considerato che’, i ‘ritenuto che’, ecc.), alcune delle quali inopportune, inutili e non degne di un documento pubblico, come quella che mette in contrapposizione rinnovabili elettriche e termiche, è paradossale citare l’articolo 20 (disposizioni finali) che recita: “il presente decreto non comporta oneri nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato”. Questo lo vedremo dopo i casi di cassa integrazione e di spese varie a carico dello Stato per tutti quegli addetti messi in mobilità a causa di questa normativa.

Poiché alcuni dei ministri competenti della materia sono ormai in odore di candidatura alle prossime elezioni politiche è bene che gli elettori ricordino di questi decreti e degli altri atti di politica energetica in cui si sono contraddistinti, della loro indifferenza nei confronti degli operatori, nell’incapacità di confrontarsi  e del colpo da maestri di raggirare la Conferenza Unificata (lo avevamo detto che non si poteva concedere un parere positivo a scatola chiusa). Dovrebbero essere le stesse associazioni di categoria a tenere viva questa memoria nell’opinione pubblica. Almeno fino alla prossima primavera e intanto lavorare per rimettere mano, speriamo a breve, a questi brutti provvedimenti ed evitare che questi personaggi possano disegnare con un simile approccio una strategia energetica nazionale che sarebbe probabilmente un altro disastro per un settore, quello energetico, che va molto più veloce dei loro vecchi e conformisti punti di vista.

* da    www.qualenergia.it      9 luglio 2012

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