10 maggio 2013

Reddito minimo, come si potrebbe fare




Il sostegno al reddito è il buco più grave del welfare italiano. Le lezioni della sperimentazione del Reddito minimo d’inserimento e i costi che avrebbe il reddito minimo garantito
L’assistenza sociale è il terreno privilegiato per comprendere il modello di welfare di un paese. Le politiche socio-assistenziali rappresentano il gradino inferiore dei sistemi di protezione sociale, fissano la soglia sotto la quale a nessuno è permesso di scivolare, stabiliscono il diritto a una “vita dignitosa”, come recita l’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue.
Le caratteristiche del nostro sistema di welfare e le politiche di assistenza realizzate rendono l’Italia uno dei paesi meno attrezzati istituzionalmente a far fronte ai problemi sociali. La frammentarietà e categorialità delle politiche di contrasto alla povertà, con l’assenza di un disegno istituzionale complessivo diretto al mantenimento del reddito in condizioni di bisogno, ha portato al consolidamento di un sistema dualistico composto da soggetti provvisti di coperture assicurative- contributive (insiders) e soggetti poco o nulla tutelati dalle politiche assistenziali (outsiders). In un contesto così lacunoso, la crisi ha messo a nudo le carenze di un sistema di protezione sociale incapace di offrire tutele adeguate ai soggetti più esposti ai rischi di esclusione sociale come giovani, lavoratori precari e quelli che vengono espulsi dal mercato del lavoro o che non vi sono mai entrati ufficialmente.

Il nostro sistema di protezione sociale si presenta inadeguato e obsoleto, fondato su un insieme di istituti categoriali (assegni sociali, integrazioni al minimo, pensioni di invalidità, assegni al nucleo familiare) erogati a favore di specifiche tipologie di soggetti. La condizione di povertà, da sola, non è sufficiente per avere accesso alle misure assistenziali. A questa devono aggiungersi altre caratteristiche (inabilità al lavoro, anzianità, famiglie numerose). Non sorprende allora come l’efficacia del welfare italiano nel ridurre la povertà permane limitata: secondo i dati Eurostat, i trasferimenti monetari in Italia riducono il rischio di cadere di povertà di 4 punti percentuali, la metà della riduzione media nell’Ue a 15.
Inoltre, la riduzione della povertà grazie ai trasferimenti non è cambiata nel decennio 1997- 2007. Dieci anni di (non) politiche sono state incapaci di ridurre la povertà più di quanto si facesse nel 1997. L’aspetto più contradditorio riguarda gli esiti distributivi delle politiche di contrasto alla povertà. In media quasi il 50% della spesa per assegni al nucleo familiare, integrazioni al minimo, pensioni sociali e di invalidità va a famiglie che non sono povere prima di ricevere il trasferimento. Addirittura il 10% della spesa per le pensioni sociali va al 20% più ricco della popolazione. In altre parole, interventi di contrasto alla povertà sono indirizzati agli italiani più ricchi!

·         da www.sbilanciamoci.info  , 27 aprile 2013

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