29 ottobre 2013

Siamo gli ultimi in Europa. Ma non è colpa delle spie: è il risultato dell'ipocrisia di Stato.



di Sergio Di Cori Modigliani *

Che cosa fa, tutto il giorno, Emma Bonino nel suo ufficio? Sarebbe bello saperlo.

E' probabile che al mattino si dedichi alla caccia dei secondi, dei minuti, delle ore. Cioè sta cercando di prendere tempo. Al pomeriggio, invece, infila una comoda tuta, un giubbotto di sicurezza, un solido casco e si inerpica sulle cornici delle splendide specchiere della Farnesina. Cioè si arrampica sugli specchi.
La immagino così, che non sa come e quando poter dare alla nazione l'annuncio ufficiale di informazioni che ci riguardano, scritte su un foglietto che le è stato recapitato. In un paese normale, invece di star qui a perdere tempo sulla Pascale e compagnia bella, da almeno dieci giorni l'intera nazione dibatterebbe, si confronterebbe e argomenterebbe, alla ricerca di una soluzione su un tema fondamentale, che il Presidente del Consiglio e il Ministro degli Affari Esteri, insieme, avrebbero comunicato ufficialmente alla nazione.  Da noi, invece, e' stato censurato, sottaciuto, nascosto. Occultato all'attenzione generale.
Perchè da noi tutto è sempre occulto, nascosto, clandestino, opaco. Mai trasparente. Si tratta di un aspetto puramente tecnico-formale, dotato però di una furibonda carica simbolica, che sottende una tragica sostanza che dovrebbe indurre tutti, nessuno escluso, a interrogarsi sul futuro della nostra nazione.


La notizia è la seguente: "nel rispetto della consueta procedura, il Fondo Monetario Internazionale, l'Organizzazione Mondiale del Commercio, la Banca Mondiale e l'ufficio economico del Consiglio d'Europa, hanno comunicato formalmente al governo italiano che al prossimo G8 il nostro paese non parteciperà perchè non verrà contemplata la sua presenza". Discriminazione? Complotto? Ce l'hanno con gli italiani e con l'Italia? Assolutamente no. Per la prima volta, dopo trentatrè anni, l'Italia -come potenza economica mondiale- viene retrocessa al decimo posto.  E' ufficiale. In verità lo era già da diciotto mesi.

Ma grazie ad alchimie diplomatiche (chissà quello che ci deve essere costato e nessuno verrà mai a dircelo) era stato posposto, con la complicità dei brasiliani (sono loro a prendere il nostro posto) che evidentemente avevano accettato di rimandare l'evento. Non solo.


I dati ufficiali sono impietosi: dal 2015 (praticamente domani) l'Italia non parteciperà più neppure al G10. La nona potenza ben accolta sarà la Russia, e la decima l'India. Forse, gli italiani, prima di accorgersi dell'impatto spaventoso che questo inarrestabile trend sta provocando nella gestione collettiva degli affari di Stato, aspettano il 2020, anno in cui, continuando così, non parteciperemo neppure al G20. A quel punto, è probabile, qualcuno si sveglierà. Ma ormai, conteremo talmente poco, ma talmente poco, da non essere più in grado di far ascoltare la nostra voce. La Storia, che non fa sconti a nessuno, ci condannerà alla periferia della civiltà, identificati nel gruppo di nazioni regredite, quelle che non hanno più possibilità di riprendersi, come un malato collassato. Nel 1949 l'Italia era distrutta.
Povera per davvero, priva di una spina dorsale industriale funzionante, senza infrastrutture, con un analfabetismo intorno al 70%, una disoccupazione pari al 65%. Eravamo al 29esimo posto nel ranking mondiale.
Nel 1959, solo dieci anni dopo, un'accorta classe politica dirigente e imprenditoriale ci aveva fatto risalire fino al 12esimo. Nel 1969 eravamo diventati la prima industria manifatturiera d'Europa e raggiungevamo la decima posizione. Nel 1979 eravamo ottavi. Il 1 giugno del 1980 entravamo -e ce lo eravamo conquistati- nel cosiddetto G8. Nel 1983 eravamo settimi. Nel 1985 eravamo sesti.Nel 1987 eravamo quinti. La Gran Bretagna, la Germania, la Francia, schiumavano dall'invidia: questa piccola nazione scombiccherata era leader nel mondo in almeno 25 segmenti di mercato su 100.
E non era mitomania. Si trattava di fatti reali accertati.
Poi, l'8 novembre del 1989, è crollato il muro di Berlino ed è finita un'altra guerra europea. Quella fredda.
Il fatto che fosse fredda non vuol dire che non fosse, pur sempre, una guerra vera e propria.
E la Storia dimostra che le nazioni in grado di riprendersi dopo una guerra, magari persa, sono quelle in grado di fare i conti con se stessi, di elaborare il lutto, di leccarsi le ferite, di approfittare dell'occasione per liberarsi dalle zavorre strutturali. Soprattutto capaci di avere una grande visione globale del nuovo ordine mondiale.
Perchè quando una poderosa guerra finisce, gli assetti geo-politici cambiano.
Dovunque è stato fatto: in Russia, in Germania, in Francia, in Gran Bretagna, in Usa. Da noi no.
Nel 1999, dieci anni dopo, dopo una spruzzata di ipocrisia giustizialista inutile quanto spettacolare, la classe dirigente politica italiana era la stessa del 1989. Con nomi nuovi, identità fittizie, subdole manipolazioni, ma sempre la stessa era. La tendenza trasformista e doppiogiochista della nostra etnia, invece di essere dibattuta, curata e superata, per evolversi ad un livello superiore attraverso un gigantesco psico-dramma collettivo, diede vita alla struttura portante del Gran Regno d' Ipocritania.
Si imbarcarono tutti a vicenda, altro che resa dei conti. Nel 1999 in Usa, Gran Bretagna, Germania, Francia, Russia, non esisteva nessun soggetto politico attivo nelle classi dirigenti che fosse lo stesso o affiliato o apparentato con i sistemi politici precedenti al 1989. Neppure uno.


Da Romano Prodi a Silvio Berlusconi, da Massimo D'Alema a Fabrizio Cicchitto, da Umberto Bossi a Fausto Bertinotti, da Mario Monti a Pierferdinando Casini, da Giulio Tremonti a Corrado Passera (giusto per nominare i più noti) si sono passati l'un l'altro la palla con la caratteristica (questa sì tutta italiana) di non assumersi mai nessuno (nel senso di neppure uno, una volta, magari per caso) la responsabilità di una propria colpa, un proprio errore, un proprio vizio. Tutte queste persone insieme hanno collaborato attivamente e consapevolmente, con macabra lucidità e serena superficialità da incoscienti infantili, al varo di un programma di regressione collettiva della nazione Italia, i cui risultati stanno sotto gli occhi di tutti.

In un tragico (ma interessante) articolo scritto da Luciano Parente su Il sole24ore di qualche giorno fa dal titolo "Non solo Merkel: ecco perchè l'Europa ci mette sul banco degli imputati" il giornalista spiega la squallida immagine  che l'Italia offre di se stessa al resto d'Europa. Dice l'articolista: "L'Italia è pesantemente in ritardo nell'attuazione delle regole imposte a livello comunitario. Lo scorso anno sono stati 36 i nuovi dossier aperti da Bruxelles contro il nostro Paese. Il risultato peggiore dell'intera Unione europea..... a rilevarlo è il monitoraggio annuale della Commissione europea appena diffuso. Si potrebbe pensare che è il risultato negativo di un anno magari magari frutto della necessità di tamponare a livello legislativo gli effetti della crisi economica e finanziari. E invece no. Perché al nostro Paese i primati in questo senso non solo piace raggiungerli ma anche consolidarli. Già perché a fine 2012 erano ben 99 le procedure ancora aperte contro l'Italia per il "vizio" di rallentare il passo quando si tratta di rinnovare regole e metterle al passo con gli altri partner comunitari o di non rispettare le regole del diritto comunitario..... il ritardo dell'Italia emerge anche da un altro dato: il problema è avvertito non solo dai vertici della Commissione ma anche dagli stessi cittadini. Le "lamentele" che arrivano dal basso a Bruxelles riguardano prevalentemente ambiente, giustizia, mercato interno e concorrenza. Ebbene la maggior parte sono indirizzate contro l'Italia (438). Tutto questo mentre a livello complessivo l'Unione europea ha visto ridursi le procedure di infrazione ancora aperto per ritardi o mancato ricevimento. Un calo del 25% tra 2011 e 2012 (si è passati da 1775 al 1343): segnale evidente che alcuni nuovi strumenti per pungolare gli Stati adottati negli ultimi anni ed evitare lunghe querelle stanno dando i loro risultati.....il problema va ben oltre il dato numerico, perché ritardi nell'attuazione comportano una legislazione meno aggiornata su molti temi che impattano anche con la competitività del Paese e che, quindi, finiscono con il creare disparità rispetto a chi si è già adeguato....".

Se l'Italia non stesse dentro l'Europa come stato membro, gli europei non la considererebbero neppure una nazione civile. Banche con bilanci falsificati, non è stata rispettata nessuna procedura prevista già per il 2002, 2006, 2009, 2011, 2012 per ciò che riguarda il problema delle carceri, l'agricoltura, l'innovazione tecnologica, l'applicazione del reddito minimo di cittadinanza garantito (siamo soltanto due paesi in Europa a non averlo, noi e la Grecia). Se non fosse stato per l'Europa molti cittadini italiani non avrebbero mai saputo neppure che l'Ilva esisteva e che a Taranto c'era un tragico problema. Non solo. Dieci giorni fa è partita l'ultima denuncia da parte sia del Consiglio d'Europa che della Commissione Europea contro i ministri dell'ambiente del governo Monti e di quello attuale, per non aver risolto il problema rispettando la consegna europea. La lista sarebbe lunghissima. La responsabilità non è della Merkel, di Hollande, di Cameron o di Mario Draghi.


Se uno vuole contrattare e discutere un contratto deve poterselo permettere.
Due anni fa il governo brasiliano prese a schiaffi quello italiano rifiutandosi di consegnare l'ex brigatista Battisti, condannato per omicidio. Era una prova di forza del Brasile che (guarda caso proprio in quei giorni) vedeva per la prima volta nella Storia il proprio pil superare quello italiano. Identica vicenda con i marò indiani. L'India tiene duro per dimostrare di essere una potenza che merita di stare nel G10 scalzando l'Italia che si fa tranquillamente scalzare: abbiamo sempre qualcosa da farci perdonare.
Tutto ciò per rispondere alle continue sollecitazioni di commenti e rimbrotti di sovranisti, complottisti vari, tutti furiosamente anti-europeisti.


Non è vero che l'Europa ha fatto declinare l'Italia: è falso. E' vero il contrario. E' stata l'Italia, paese fondatore dell'Unione Europea, ad aver dato un solido contributo al declino dell'Europa, perchè non è stata in grado di produrre, negli ultimi 23 anni, uno straccio di classe dirigente politica e imprenditoriale che fosse un minimo presentabile e quindi in grado di poter dettare legge, Leggi, normative a favore della propria nazione e dare anche un solido e serio contributo a spostare l'ago della bilancia dalla finanza speculativa alla battaglia sui Diritti Civili, per far rispettare il sociale e gli interessi della collettività, per creare un'Europa diversa.  E i più forti e prepotenti hanno approfittato della corruzione endemica della nostra nazione per espoliarci facendo i loro interessi. Perchè mai avrebbero dovuto fare i nostri?
Quando un mese fa la Merkel si è incontrata con i "nemici" della SPD e hanno deciso insieme di fare un governo, il leader socialdemocratico le ha risposto" devo varare prima un referendum tra gli iscritti per sapere se sono d'accordo o meno". E lo ha fatto: on-line.


Quando ha avuto la cifra (il 59% erano a favore con l'elenco delle condizioni), per diciannove giorni, hanno discusso, trattato, negoziato, su sponde diverse e spesso antagoniste, con un unico obiettivo: fare gli interessi della Germania. Se noi non siamo in grado di fare questo, non è colpa di Mario Draghi nè di Angela Merkel. E' colpa del fatto che l'Italia non ha rappresentanza.


La nostra ultima speranza per fermare questa catastrofe già iniziata sono le prossime elezioni europee.
Da oggi  tutti dovremmo cominciare a discutere sui temi veri che ci riguardano, con l'obiettivo di spedire a Strasburgo e poi a Francoforte e Bruxelles una divisione agguerrita (una pattuglia non basta più, è troppo tardi) di italiani innamorati dell'Italia che vadano a combattere in prima linea con la consapevolezza che stanno giocando un ruolo storico decisivo. Soprattutto definitivo. Per cambiarla, questa Europa.


Noi italiani l'abbiamo costruita. Noi italiani l'abbiamo distrutta. Spetta a noi la responsabilità di rimetterla in piedi.



da sergiodicorimodiglianji.blogspot.it   -  venerdì 25 ottobre 2013

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