5 ottobre 2014

E allora, dirà qualcuno, chi se ne frega del Nobel per la Letteratura?



di Massimo Marino

E' questione di giorni, forse addirittura di  ore e conosceremo chi ha vinto il premio Nobel per la letteratura per il 2014.

Il Nobel è (quasi)  sempre un evento mondiale  di grande rilievo culturale, quindi ai giorni nostri di scarso peso mediatico,  ma quest'anno secondo me l'evento è più rilevante del solito. La prendo un po’ alla larga per spiegare perché.

Ho letto di recente parecchi romanzi di Henning Mankell, scrittore svedese abbastanza noto anche perché molti dei suoi gialli che hanno come principale protagonista l'ispettore di polizia Kurt Wallander, hanno avuto un' ottima trascrizione in una serie TV recentemente trasmessa più volte da Laeffe . Naturalmente come tutto ciò che vale la pena vedere  è trasmesso a tarda sera o di notte ( al posto dei ridicoli spogliarelli all'italiana del tempo che fu )  o in tv poco conosciute. La prima serata è lasciata alle trasmissioni demenziali per  rincoglionire gli ascoltatori, i quali, alla luce del crollo dell'audience di quasi tutto quanto sta in prima serata, a cominciare dai talk-show , sembra si stiano trovando altro da fare . Dopo la serie Wallander  Mankell  ha scritto, forse fra le ultime delle sue opere perché gravemente malato, un romanzo, Il ritorno del maestro di danza, che ha come nuovo protagonista Herbert Molin, poliziotto in pensione che senza averne titolo indaga su alcuni casi di omicidio dietro i quali emerge un po’  alla volta una rete di neonazisti che coinvolge l'intera Svezia di oggi. Non solo nostalgici ottantenni ancora infatuati da Hitler, baluardo contro il bolscevismo, ma attorno a loro una nuova e più giovane generazione di estremisti rinsaldata dall'odio verso gli immigrati che invadono il nord europa . Non ci sono le teste rasate ma l'odio per tutto quanto non è come loro c'è tutto.  Il romanzo è del 2007 ed è stato stroncato da molti critici, di varie nazionalità europee e non solo, che lo hanno giudicato noioso, poco ricco di una trama da noir di rilievo e un po’ eccessivo per l'espediente del neonazismo diffuso silenziosamente dietro le spesse e silenziose nebbie scandinave. In realtà si tratta di una guerra letteraria di invidie  di critici francesi e americani contro l'insieme degli scrittori scandinavi che, apparentemente meno aggressivi e vivaci degli altri, hanno invece avuto, come quest'ultimo romanzo citato, un inaspettato successo di vendite.

La rete neonazista '' inventata"  da Mankell  in un libro di circa 8 anni fa, va però riconsiderata alla luce dei risultati delle recenti elezioni politiche in  Svezia del 14 settembre scorso che hanno  visto una netta sconfitta del partito di governo uscente dei Moderati , una tenuta dei Socialdemocratici, un deludente risultato dei Verdi , fino a ieri considerati il terzo partito, la debacle del Partito femminista che, contro le aspettative, non ha raggiunto il quorum per avere delle elette.
La Svezia è ora in un bel pasticcio perché  ne moderati ne socialdemocratici sono in grado di avere quella maggioranza di almeno 175 seggi necessaria per governare. La ragione è dovuta al fatto che  un nuovo partito dichiaratamente neonazista, i  Democratici svedesi  (Sverigedemokraterna ) ha raggiunto il 13% e con 49 eletti su 350 è ufficialmente il terzo partito del paese. 

In questo clima, con uno scenario inaspettato del paese,  l'Accademia reale delle Scienze svedese, come  di consuetudine tutti gli anni,  nei primi giorni di ottobre renderà noto il vincitore del premio Nobel per la Letteratura mondiale del 2014.  Il nome  verrà annunciato in una conferenza pubblica, in una data annunciata come sempre  all'ultimo momento. Il premio viene poi consegnato in dicembre nel corso di una cerimonia pubblica alla presenza della famiglia reale svedese.

Quella per la Letteratura  è una  delle cinque categorie previste originalmente nel testamento di Alfred Nobel nel 1895 . ''Il premio è assegnato all'autore, nel campo della letteratura mondiale, che si sia maggiormente distinto per le sue opere in una direzione ideale.'' 

E' stato assegnato per la prima volta nel 1901 (come gli altri premi previsti da Nobel stesso) e  consiste in una somma di denaro (otto milioni di corone svedesi nel 2013), un diploma personalizzato ed una medaglia d'oro recante l'effigie di Alfred Nobel . Il premio Nobel per la Letteratura non è stato assegnato in sette occasioni (1914, 1918, 1935, 1940, 1941, 1942, 1943) ed è stato rifiutato due volte, nel 1958 e nel 1964. Mankell naturalmente è fuori gioco e lo sono anche gli scrittori italiani che nel dopoguerra dopo  Quasimodo (1959 ) e Montale ( 1975 ) hanno ottenuto l'ultimo riconoscimento con Dario Fo  nel 1997. Nella rosa dei 20-30 più citati di italiani girano i nomi di Dacia Maraini e Umberto Eco ma le chance sembrano essere di fatto vicine a zero, almeno nelle scommesse. Sì, scommesse, perché come per i purosangue, come  di consuetudine i bookmaker inglesi stanno raccogliendo le scommesse sul vincitore possibile. Fra i più quotati girano molti nomi. Dal ceco  Milan Kundera ( L'insostenibile leggere dell’essere ) all'austriaco  Peter Handke ( anche sceneggiatore per  Il cielo sopra Berlino di Wenders ) che si è però bruciato per l'orazione funebre da lui tenuta per il serbo Milošević, accusato di crimini contro l'umanità. Si cita anche la produttiva scrittrice statunitense Joyce Carole Oates ( Ragazza nera ragazza bianca ) e lo scrittore albanese Ismail Kadare (Il generale dell'armata morta ).

Ma fino a qualche settimana fa fra i più gettonati emergeva il giapponese Murakami Haruki, romanziere sessantacinquenne considerato , dopo i  suoi primi testi di inizio anni '80,   il primo scrittore giapponese dell'era  moderna. Autore di  numerosi romanzi, entusiasta  ammiratore degli scrittori americani tipo Francis Scott Fitzgerald e Raymond Chandler, traduttore in giapponese  di molti loro testi,  Murakami  è noto  in Italia  credo soprattutto per Norvegian  Wood , cioè Noruwei no Mori  (ノルウェイの森 ) romanzo del 1987 ma rititolato, con una irrispettosa indifferenza per i Beatles,  in Tokyo Blues nella prima edizione italiana del 1993. Il romanzo si svolge nel mondo giovanile giapponese della fine degli anni '60, nel pieno delle contestazioni antiautoritarie che anche in Giappone dilagarono in quegli anni specie nel mondo studentesco. Tōru Watanabe, protagonista e  narratore nel romanzo, è uno studente appassionato di letteratura americana che ha  due importanti relazioni amorose con Naoko e Midori che sono al centro della storia, descritte con una forte dose di intimismo e depressione mescolate a qualche sprazzo di erotismo.  Naoko, bellissima ed emotivamente vulnerabile deve affrontare il suicidio della sorella e del fidanzato Kizuki. Midori è invece una vivace collega di studi di  Tōru che con la sorella e il padre gestisce un piccolo negozio di libri e per quanto fidanzata si avvicinerà molto a Tōru.  Al contrario di altri testi di Murakami che ho solo sfogliato, confesso che ho letto Norvegian Wood due volte, non solo perché mi incuriosiva da tempo, ma per capirne meglio, senza successo, il senso più profondo. Sorprende che l'ambientazione della storia avviene solo apparentemente all'interno delle contestazioni giovanili del '68 e degli anni seguenti in un paese del quale è noto il peso preponderante della tradizione. In realtà nel libro l'ambientazione sociale resta secondo me del tutto al di fuori della storia in una esilissima scenografia di sfondo, con l'eccezione forse di una certa libertà di espressione sessuale inconsueta per quel paese.

  
Con tutto il rispetto che ho per chiunque scriva in comunione con i propri sentimenti più intimi e personali e riconoscendo il carattere  innovativo della scrittura ''moderna'' di Murakami faccio fatica a immaginare ''la direzione ideale '' delle sue opere, che è il requisito determinante per il premio mondiale di Letteratura. 
Altri nomi girano e vanno presi in considerazione.
Ngugi wa Thiong'o è un anziano  poeta e drammaturgo keniota, considerato uno dei principali autori della letteratura africana. Nato nel Kenia, di etnia Kikuyu, divenne inizialmente cristiano e laureatosi in Uganda scrisse il primo testo teatrale ( The black ermit ) in inglese. Ma trasferitosi a Londra nel 1965 descrisse la rivolta anticolonialista dei Mau-Mau con toni epici, nel quadro del conflitto fra cristiani e non-cristiani. Ben presto abbandonò la religione cristiana, riprese a scrivere testi in swahili e nel suo dialetto gikuyu, con connotazioni marxiste vicine a quelle popolari del franco-algerino Franz Fanon, per le quali venne arrestato e perseguitato in Kenia, insieme alla famiglia,  fino all'esilio in USA. Lì è diventato docente alle università di Yale e New York impegnandosi per la decolonizzazione culturale dell'Africa.   
Svetlana Alexievich è una giornalista bielorussa che ha descritto gli episodi più rilevanti dell'Unione Sovietica della seconda metà del XX secolo: dalla guerra in Afghanistan, al disastro di Chernobyl, fino alla poco nota vicenda dei numerosi suicidi seguiti alla scioglimento dell'URSS. I suoi libri sono stati tradotti in molti paesi  ( La guerra non ha un volto di donna  sulle donne sovietiche al fronte nella seconda guerra mondiale, Ragazzi di zinco sui reduci della guerra in Afghanistan, Preghiera per Cernobyl'  sulla nota tragedia ambientale). Ha dovuto lasciare il paese trasferendosi a Parigi  in quanto perseguitata  dal regime filorusso del presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko, che la ha accusata di essere un agente della CIA.  L'ultimo suo testo è La vita in Russia dopo il crollo del comunismo.
Assia Djebar ( pseudonimo di Fatima-Zohra Imalayène ) è una scrittrice e regista fra le più influenti del nord africa impegnata sul tema della condizione della donna in  Algeria. Proveniente da una  benestante famiglia di etnia berbera, nel 1955 venne  ammessa alla prestigiosa École Normale Supérieure di Parigi dove scrisse il suo primo romanzo ( La soif ). Diventata quindi uno dei più influenti scrittori nordafricani, è stata la prima autrice del Maghreb a essere ammessa all'Académie française nel 2005. Djebar racconta la storia delle lotte per l' indipendenza del suo popolo rilevando insieme gli aspetti repressivi e coercitivi della condizione femminile. 
Ci sono probabilmente molti altri nomi da prendere in considerazione che non posso citare per ragioni di spazio.

Gli autorevoli membri dell'accademia svedese hanno oggi una responsabilità in più di quella consueta. Si trovano in un paese che da tre settimane ha un Parlamento di 350 membri 49 dei quali si dichiarano apertamente neonazisti. In un  mondo surreale nel quale un gruppo di fanatici e straricchi  assassini tagliatori di teste, in nome di non si sa quale purezza religiosa, sgozzano in rete un ostaggio a settimana che un minuto dopo migliaia di canali tv e web, immaginando di fare vera informazione, diffondono con entusiasmo nei più sperduti angoli del mondo, favorendo la diffusione di proseliti e imitatori, senza neanche incassare i dovuti introiti pubblicitari.


Serve indicare che c'è un altro punto di vista, sul fare informazione e sul futuro del mondo, che è quello che guarda con amore e tolleranza oltre che con apprensione, al futuro dei popoli e del pianeta. Anche attraverso la scrittura di un libro, di una poesia, di  un testo teatrale.
Non so chi possa essere il più meritorio di un Nobel ma so che in un pianeta nel quale al degrado ambientale si sta rapidamente aggiungendo un nuovo, imprevisto e inimmaginabile degrado culturale, umano, sociale, con il rischio che tutto diventi ineluttabile e quindi sopportabile,  porre rilievo agli occhi del mondo  e premiare figure che  si siano  maggiormente distinte per opere in una direzione ideale è davvero una occasione che non si può lasciarsi sfuggire. 

Per questo il Nobel ci deve interessare. Speriamo che i nostri esimi accademici facciano una buona scelta.

nella foto al centro: Ngugi wa Thiong'o, Svetlana Alexievich, Assia Djebar, Murakami Haruki
in alto: l'ultimo libro di Mankell e  l'Accademia Reale delle Scienze di Svezia  

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