22 maggio 2015

Spagna, ecco la fine del bipartitismo





Sbilanciamo l'Europa. Le maggioranze assolute saranno l’eccezione. Bisognerà scendere a patti con altri partiti e condividere le responsabilità istituzionali

 di  Luca Tancredi Barone *


La poli­tica spa­gnola sta vivendo il suo primo, vero ter­re­moto dall’avvento della demo­cra­zia, nel 1978. Per la prima volta si pro­fila uno sce­na­rio com­ple­ta­mente diverso dal rigido bipar­ti­ti­smo che ha carat­te­riz­zato la vita poli­tica di que­sto paese. Le mag­gio­ranze asso­lute saranno l’eccezione.

La poli­tica deve adat­tarsi a una realtà ine­dita: la neces­sità di scen­dere a patti con altri par­titi, e di dover con­di­vi­dere le respon­sa­bi­lità isti­tu­zio­nali. Dome­nica 24 mag­gio si vota in 13 delle 17 comu­nità auto­nome, e in tutti i più di 8100 comuni spa­gnoli. E il tutto a pochi mesi dalle ele­zioni gene­rali (la legi­sla­tura, se Rajoy non con­voca ele­zioni anti­ci­pate dopo le ammi­ni­stra­tive, si chiude a novem­bre), due mesi dopo le ele­zioni anti­ci­pate in Anda­lu­sia e a tre mesi dalle (quasi certe) ele­zioni anti­ci­pate in Cata­lo­gna (che dovreb­bero tenersi il 27 set­tem­bre, se il pre­si­dente cata­lano Artur Mas non cam­bia idea).

Insomma, un 2015 che lascerà il segno, e in cui final­mente i semi get­tati dal 15M pro­prio quat­tro anni fa ini­zie­ranno a dare i primi frutti.


I due sto­rici grandi par­titi, il Pp e il Psoe, ven­gono ormai dati a meno del 50% dei voti a livello nazio­nale, con un leg­gero van­tag­gio per i popo­lari. Irrom­pono con forza due nuovi par­titi che si bat­tono per il terzo posto e che som­mano circa un 30%: Pode­mos, che si è impo­sto un anno fa alle ele­zioni euro­pee, con­tro ogni pro­no­stico, con un ina­spet­tato 8%, e che oggi è dato intorno al 16%, in discesa rispetto a pochi mesi fa; e Ciu­da­da­nos, par­tito nato in ambito cata­lano su posi­zioni anti-indipendentiste e molto vicine a quelle del Pp (di fatto il suo lea­der, Albert Rivera, aveva mili­tato nei gio­vani popo­lari), con per­cen­tuali molto vicine a quelle di Pode­mos. Izquierda Unida nel migliore dei casi otter­rebbe al mas­simo un quinto posto (attorno al 5% dei voti).

Ma è ancora più inte­res­sante osser­vare quello che suc­ce­de­rebbe a livello delle comu­nità auto­nome che in Spa­gna, pro­prio come in Ita­lia, gesti­scono la gran parte delle spese sociali.

Salvo pochis­sime ecce­zioni (come la Cata­lo­gna e i Paesi Bassi), nei par­la­menti regio­nali entra­vano tipi­ca­mente due o al mas­simo tre par­titi. Que­sto sce­na­rio sem­pli­fi­cato è finito per sem­pre. Ne abbiamo un esem­pio nel par­la­mento di Sivi­glia, dove si è votato due mesi fa e che è ancora senza governo: i socia­li­sti, da sem­pre ege­moni nella comu­nità e dun­que poco abi­tuati alla cul­tura del patto, deten­gono la mag­gio­ranza rela­tiva. Ma dopo aver rotto con Izquierda Unida nella scorsa legi­sla­tura, oggi si tro­vano davanti non due ma quat­tro forze poli­ti­che, nes­suna delle quali dispo­sta all’astensione (almeno prima delle ele­zioni del 24) per far eleg­gere Susana Díaz pre­si­dente. Il modello anda­luso è desti­nato a ripro­porsi nella mag­gior parte delle comu­nità, oggi quasi tutte in mano del Pp.

L’unica spe­ranza per i popo­lari di riu­scire a man­te­nere il governo di alcune di que­ste comu­nità (dove oggi vanta mag­gio­ranze asso­lute) è di tro­vare un accordo con Ciu­ta­da­nos, che è riu­scito, come Pode­mos, a diluire il pro­prio mes­sag­gio ideo­lo­gico con la reto­rica del «non è tempo di destra o sini­stra» e che si spac­cia come di sini­stra mode­rata anche se in realtà è su posi­zioni neo­li­be­rali. L’attenzione si con­cen­trerà su tre comu­nità roc­ca­forti del Pp: Madrid, Comu­nità valen­ziana (dove gli scan­dali di cor­ru­zione stanno affo­gando il par­tito) e Castilla-La Man­cia (la cui pre­si­dente è anche brac­cio destro di Mariano Rajoy). Se qui il Pp non rie­sce in qual­che modo a «sal­vare i piatti», come si dice in spa­gnolo, per­sino l’imperturbabile Rajoy vedrà la terra muo­versi sotto i suoi piedi.

Ai socia­li­sti non va molto meglio. Se il tele­ge­nico Pedro Sán­chez è riu­scito a fer­mare l’emorragia di voti (che hanno por­tato il par­tito a rag­giun­gere i suoi minimi sto­rici), dif­fi­cil­mente il Psoe riu­scirà a gover­nare in soli­ta­rio in nes­suna comu­nità, anche se forse riu­scirà ad otte­nere alcune mag­gio­ranze rela­tive. Resta da vedere come gio­che­ranno le loro carte Ciu­da­da­nos, che si vede volen­tieri come ago della bilan­cia, e Pode­mos, il cui radi­cale discorso anti-casta ren­derà dif­fi­cile la col­la­bo­ra­zione con Pp o Psoe.

Entrambi i par­titi pagano il fatto di non avere una forte strut­tura ter­ri­to­riale. Ciu­da­da­nos, ben­vi­sta dall’establishment in chiave anti-Podemos, ha fatto il salto a livello nazio­nale, appro­fit­tando della lenta scom­po­si­zione del par­tito UPyD, gui­dato da Rosa Díez e su posi­zioni molto simili; ma la fretta ha gio­cato brutti scherzi in molte liste dove si sono intru­fo­lati can­di­dati imba­raz­zanti. Pode­mos invece sta pagando l’eccessivo annac­qua­mento del suo discorso radi­cale per attrarre elet­tori meno schie­rati poli­ti­ca­mente. Pro­prio per que­sto ha avuto la prima impor­tante defe­zione: l’ex numero tre di Pablo Igle­sias, il pro­fes­sore uni­ver­si­ta­rio Juan Car­los Mone­dero, ha lasciato. Mone­dero era comun­que diven­tato sco­modo per il par­tito (che lo ha difeso a spada tratta) dopo che si è sco­perto che con un trucco con­ta­bile aveva cer­cato di pagare meno tasse sui con­si­stenti pro­venti delle sue con­su­lenze con i governi sudamericani.

In Izquierda Unida, vit­tima della sua inca­pa­cità di cana­liz­zare il mal­con­tento, se la gioca il gio­vane e com­bat­tivo Alberto Gar­zón, pro­ve­niente (come Igle­sias) dalle file del 15M e dispo­sto a fare fronte comune con Pode­mos con­tro le poli­ti­che di destra. Ma i suoi prin­ci­pali nemici sono den­tro la stessa Iu che ante­pon­gono l’identità e la ban­diera alla stra­te­gia politica.

Il dopo­ter­re­moto per molti dei par­titi ini­zierà lunedì 25. Nei comuni le realtà sono molto varie­gate. Al con­tra­rio di Ciu­da­da­nos (che pre­senta un migliaio di liste), Pode­mos ha scelto di non con­cor­rere con le sue sigle: troppo dif­fi­cile con­trol­lare tanti can­di­dati locali. Ma ha comun­que dato l’ok per la con­fluenza con piat­ta­forme cit­ta­dine, come per esem­pio a Bar­cel­lona e Madrid.

Le quat­tro prin­ci­pali città spa­gnole sono Madrid, Bar­cel­lona, Valen­cia e Siviglia.

A Madrid l’ex pre­si­dente della comu­nità Espe­ranza Aguirre sta gio­cando il tutto per tutto per fre­nare la caduta del Pp (in mag­gio­ranza asso­luta da 24 anni) di fronte alla piat­ta­forma dell’ex giu­dice Manuela Car­mena, Ahora Madrid, che non com­prende Iu (in forte pole­mica con Iu fede­rale), e ai socia­li­sti, che cer­cano di ricon­qui­stare la città da anni.

A Valen­cia il potere della sto­rica sin­daca popo­lare Rita Bar­berà vacilla sotto i colpi della magi­stra­tura e per la prima volta un tri­par­tito di sini­stra (socia­li­sti, Pode­mos e la piat­ta­forma Com­pro­mís) potrebbe sfrat­tare il Pp.

E a Sivi­glia, dove per la prima volta i popo­lari erano riu­sciti a con­qui­stare il potere quat­tro anni fa, Pp e Psoe sono oggi alla pari (30%), ed entre­reb­bero Ciu­ta­da­nos, una piat­ta­forma cit­ta­dina e Iu.

A Bar­cel­lona, dove il con­si­glio comu­nale sarà fram­men­ta­tis­simo, lo scon­tro è fra l’attuale sin­daco Xavier Trias, di Con­ver­gèn­cia i Unió (demo­cri­stiani ege­moni in Cato­lo­gna) che quat­tro anni fa per la prima volta con­qui­stò la città ai socia­li­sti e ai loro alleati, e la piat­ta­forma Bar­ce­lona en comú, gui­data dall’ex atti­vi­sta della Piat­ta­forma vit­time delle ipo­te­che (Pah), Ada Colau, che ha agglu­ti­nato una piat­ta­forma ampia che com­prende Pode­mos e la marca cata­lana di Iu (Icv-Euia).

Entrambi sono dati attorno al 21%. Ciu­da­da­nos si pro­spetta come il terzo par­tito (intorno al 13%), gui­dato dall’ex depu­tata popo­lare Carina Mejías. I socia­li­sti e gli indi­pen­den­ti­sti di Esquerra Repu­bli­cana lot­tano per il quarto posto, i popo­lari hanno da sem­pre un ruolo resi­duale in città (anche se a gui­darli è il fra­tello dell’attuale mini­stro degli interni spa­gnolo). Men­tre entre­rebbe per la prima volta l’assemblearismo della Cup con il nome di Cap­gi­rem Bar­ce­lona («met­tiamo sot­to­so­pra Bar­cel­lona»), indi­pen­den­ti­sti di estrema sini­stra molto legati alle lotte sociali, eco­no­mi­che e cit­ta­dine, gui­dati dalla sin­da­ca­li­sta Maria José Leche. La loro affer­ma­zione sarà chiave nel caso di vit­to­ria di Colau per garan­tirne l’elezione, anche se ci vorrà almeno un terzo par­tito per rag­giun­gere la mag­gio­ranza dei seggi.


* da ilmanifesto.it      21 maggio 2015   -   nella foto:  Pablo Igle­sias (Lapresse-Efe)

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