26 gennaio 2016

ECOLETTERA 71 del Gruppo Cinque Terre



costruire la transizione: un nuovo ecologismo - democrazia - giustizia - nuovi lavori
Gruppo delle Cinque Terre                ECOLETTERA  71/16 gennaio 2016

Editoriale 1: Frammenti di riflessione politica per il nuovo anno

Pensavamo che con la fine della guerra fredda si aprisse un era di pace. Invece negli ultimi 100 anni , dal 1915 ad oggi, le guerre non sono mai cessate : sono solo cambiati modi, luoghi e protagonisti: prima le due guerre mondiali ( 17 e 70 milioni di morti ), poi due grandi guerre regionali : Corea nel 1953 ( 2,8 mil. di morti ) e Vietnam nel 1960-75 ( 7 mil. di morti ). Finita la guerra fredda guerre diluite nello spazio e nel tempo, compresa la pulizia etnica e i movimenti armati a sfondo religioso e/o tribale. Fra queste Hutu e Tuczi in Ruanda nel 1994 ( 1 mil di morti ), guerre nella ex Jugoslavia del 1992-95 ( 200mila morti ) , le quattro guerre arabi-israeliani dal 1948 al 1973 con la diaspora palestinese che permane irrisolta ( almeno 30mila morti ) , la guerra siriana e quella anti jihadisti in corso dal 2011, quasi 300mila morti di cui almeno 40mila nelle file di Isis e affini. Almeno altrettanti in Irak ( 3-400mila morti fra il 2003 e il 2011 ) e ancora l’Afghanistan dal 2001 ad oggi ( almeno 150mila morti )... Naturalmente non esiste più il monopolio degli stati nazionali nell’uso sistematico della violenza. Gli attori possono sempre essere stati nazionali, ma anche gruppi etnici, correnti religiose, organizzazioni politiche o gruppi economici. Progressivamente si sono accantonate le norme classiche di comportamento in guerra: la crudeltà e la barbarie sono un corollario ormai consueto ( ad esempio gli stupri di massa e il ripristino dello schiavismo, precursori moderni i giapponesi in Cina ) ma ci sono anche vere innovazioni mediatiche come le decapitazioni con accompagnamento hip-hop a sfondo religioso..... ( Giovanni Chiambretto e Massimo Marino ) leggi
Editoriale 2: Primarie Usa, Sanders dice no ai soldi delle “big oil”. Si infiamma la sfida con Clinton

La corsa delle primarie democratiche per la Casa Bianca si gioca anche sul “green”. E la contesa Hillary Clinton e Bernie Sanders si riaccende. Gli ultimi sondaggi danno l’outsider Sanders a una manciata di voti da Clinton in Iowa, dove le primarie Dem prenderanno il via il primo febbraio. L’ex segretario di Stato, stando ai rilevamenti di Nbc News, Wall Street Journal e Marist Colleg, supera di tre punti il senatore socialista (48 contro 45), mentre le previsioni per il voto del 10 febbraio nel New Hampshire vedono davanti Sanders al 50% e a seguire Clinton al 45. Prendendo di mira – come aveva fatto per Wall Street – i finanziamenti indiretti dell’industria petrolifera a sostegno di Hillary Clinton, Sanders è diventato il primo candidato alla presidenza a sottoscrivere l’impegno a rifiutare contributi elettorali da parte dell’industria dei combustibili fossili. Annie Leonard, direttore esecutivo di Greenpeace Usa – che assieme a una ventina di sigle ha promosso il “patto” per i candidati democratici e repubblicani lanciando l’hashtag #fixdemocracy – ha spiegato che quando accettano soldi dalle mega-industrie e in primis dalla lobby del petrolio, del gas e del carbone, i politici «stanno penalizzando in primo luogo i poveri, gli anziani e gli studenti che votano per la prima volta». Leonard ha auspicato che dopo Sanders, anche Hillary Clinton aderisca all’appello e si impegni a sostenere una democrazia “people-powered” (alimentata dalle persone e non dalle lobby attraverso il denaro) e che disinvesta dalle fonti energetiche inquinanti. «Dobbiamo mettere i soldi “fuori” e portare le persone “dentro” la nostra democrazia. La nostra democrazia non deve più essere venduta all’asta al miglior offerente» ha concluso la dirigente ambientalista. Va detto che nella campagna 2016, Hillary Clinton non ha accettato contributi diretti da società per azioni, incluse le compagnie petrolifere e del gas, in conformità con le norme in materia elettorale. Secondo il Center for Responsive Politics, finora la candidata democratica ha ricevuto 160mila dollari da persone che lavorano per i big delle fossili, contributi in ogni caso legittimi. Quasi ogni candidato repubblicano, spiegano i promotori di #fixdemocracy, riceve finanziamenti dal settore e Jeb Bush, Ted Cruz e Hillary Clinton sono i tre principali beneficiari dei contributi elettorali dei dipendenti di industrie del petrolio e gas. ( Raffaele Lupoli  da left.it ) leggi

CGIL, ecco la Carta dei diritti universali 

Si chiama Carta dei diritti universali del lavoro, e rappresenta, nei progetti della Cgil, il nuovo Statuto per i lavoratori del futuro: 97 articoli in 64 pagine che dovrebbero diventare una proposta di legge di iniziativa popolare. Il concetto chiave, come ha spiegato la segretaria Susanna Camusso in una conferenza stampa tenuta ineditamente davanti alla stazione Termini, è quello di «regolare i diritti non più in base alla tipologia contrattuale, ma definendoli per tutte le persone che lavorano, qualsiasi rapporto abbiano». Dipendenti a tempo indeterminato o determinato, partite Iva, collaboratori dei tipi più vari, tutti dovranno godere di un corredo di diritti unico e universale, che verranno magari poi usufruiti in maniera diversa a seconda dei casi. Per sostenere la sua proposta, la Cgil ha indetto una consultazione straordinaria delle iscritte e degli iscritti, «che per la prima volta nella sua storia — ha spiegato Camusso — non riguarda un accordo o un contratto, ma la direzione politica e strategica della confederazione». ( Antonio Sciotto da il manifesto ) leggi

La Taranto dei Cinquestelle: via alle bonifiche e addio all’Ilva

I fondi dall'Europa e dai sequestri ai Riva. Una proposta completamente alternativa sul futuro dell’Ilva, dirompente per alcuni versi. Che si oppone a quella messa in piedi dal governo con il decreto attualmente in discussione alla Camera: l’hanno avanzata i Cinquestelle, e prevede un netto ridimensionamento del siderurgico in Italia, con il mantenimento sostanziale di tutti i siti oggi esistenti — da Cornigliano a Novi Ligure (ma solo nel caso che siano ecosostenibili e graditi alle popolazioni circostanti) — e la chiusura e bonifica dei forni presenti invece a Taranto. Niente “rilancio” dell’acciaio in Puglia, dunque, ma l’utilizzo degli 1,2 miliardi sequestrati ai Riva, di parte dei proventi della vendita del gruppo e dei fondi europei per cambiare radicalmente il volto della città salentina. La proposta è venuta dai deputati e senatori delle Commissioni Ambiente e Attività produttive, accompagnati da un gruppo di operai del «Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti» di Taranto, e dall’attore Michele Riondino, impegnato da anni nella valorizzazione della sua città . «No alla cordata con Marcegaglia e dietro i progetti dell’Eni - insomma - Perché non cambierebbe nulla rispetto a oggi». (Antonio Sciotto da ilmanifesto.it ) leggi

Nuovi inceneritori, sì o no? Lo Sblocca Italia risponde alla domanda sbagliata

Gli ambientalisti: Dal governo «stessi punti critici e ipotesi irricevibili». A regnare è il caos. Domani ( 20 gennaio) la Conferenza Stato-Regioni dovrà (o meglio, dovrebbe) tornare ad esaminare il decreto attuativo dell’articolo 35 dello “Sblocca Italia”, un testo nel quale si individuano gli inceneritori considerati strategici a livello nazionale, sia per quanto riguarda gli impianti con recupero energetico (termovalorizzatori e impianti Tmb), sia i più propriamente detti “inceneritori”, senza recupero – ormai dei fossili industriali. Il parere della Conferenza Stato-Regioni era già atteso per lo scorso 10 settembre, un appuntamento poi rimandato dietro le pressioni di associazioni ambientaliste e altre ong. L’unica novità rispetto alla bozza dell’agosto scorso, riassumono infatti le associazioni, è l’eliminazione dei 3 nuovi inceneritori previsti al Nord (Piemonte, Veneto, Liguria) perché si assume un “equilibrio a livello di macroarea Nord”; per il resto, viene confermata la previsione di 9 nuovi inceneritori nelle altre regioni già individuate (oltre all’ampliamento di un paio in Puglia e Sardegna). Si continua a puntare sull’incenerimento quando l’andamento della produzione di rifiuti solidi urbani è da anni in calo. ( da greenreport ) leggi 

Rinnovabili: nuovo record d’investimenti nel mondo, ma è fuga dall’Italia

Il prezzo del petrolio ai minimi non ferma l’energia pulita, ma c’è chi va controcorrente.
Da più di 120 dollari a barile a meno di 30: il prezzo del petrolio sui mercati mondiali ha subito un tracollo impensabile solo pochi anni fa.. A questi prezzi, come reagisce il mercato delle energie rinnovabili? A quanto pare, splendidamente. A livello globale, suggerisce l’ultima analisi prodotta dall’autorevole Bloomberg new energy finance, gli investimenti nelle rinnovabili sono incrementati di 6 volte rispetto al 2004, raggiungendo nel 2015 il record di 328,9 miliardi di dollari. Quello delle rinnovabili si mostra dunque come un mercato in forte espansione, ma non è così in tutto il mondo. Il leader di oggi è la Cina: proprio il gigante asiatico, alle prese con un’evoluzione del proprio modello di sviluppo, rappresenta il player che più di ogni altro ha investito nel 2015 nel settore delle rinnovabili, con un incremento dei propri investimenti del 17% rispetto al 2014. A scivolare ancora invece è l’Europa, che vede ogni anno declinare la sua posizione di iniziale leadership negli investimenti in rinnovabili, che nel 2015 hanno toccato quota 58,5 miliardi di dollari: un calo del 18% rispetto al 2004, e il livello più basso toccato dal 2006 (da greenreport.it - L.A.) leggi

Uk, Corbyn prepara il nuovo governo ombra. “Vendetta contro le polemiche” 

C’è aria di novità nel Regno Unito, dove il leader dell’opposizione, Jeremy Corbyn, si prepara a un rimpasto del suo governo ombra che dovrebbe arrivare nella serata di martedì 5 gennaio... Da quando Corbyn è diventato leader del Labour britannico, lo scorso 12 settembre, il pacifista più famoso del Regno Unito è stato attaccato sui media e nelle stanze del parlamento su più fronti. Prima venne il suo apparente rifiuto di cantare l’inno nazionale, ‘God save the Queen’, Dio salvi la regina, durante un evento commemorativo dei caduti di tutte le guerre nella cattedrale di Saint Paul, a Londra. Poi ancora venne il suo rifiuto a inchinarsi di fronte alla sovrana – lui, tendente al repubblicanesimo – in diverse occasioni, poi vennero le sue prese di posizione contro missili nucleari, raid in Siria per schiacciare l’Isis (con il rischio concreto di colpire anche la popolazione civile) e altre politiche del governo conservatore guidato da David Cameron.  Eppure Corbyn, 66enne e parlamentare per il seggio di Islington, pacifista e vicino a Syriza e Podemos, anche nel suo discorso di Capodanno – in realtà assai oscurato dai media britannici – è stato chiaro: pur non essendo più giovane, almeno per gli standard della politica del Regno Unito, ha assoluta intenzione di provare a entrare a Downing Street, nel 2020, quando si voterà nuovamente per parlamento e governo. ( Daniele Guido Gessa da ilfattoquotidiano  ) leggi

Uk, Corbyn non scontenta le Unions: sommergibili ma senza bombe

Ancora una volta nell’occhio del ciclone mediatico, il leader laburista Jeremy Corbyn è stato preso di mira dalla stampa mainstream britannica per aver osato suggerire una soluzione di compromesso sulla questione del rinnovo dell’arsenale nucleare nazionale. Incalzato dal decano opinionista della BBC Andrew Marr nel suo programma televisivo della domenica mattina, Corbyn ha concesso un teorico via libera suo e del partito al programma di rinnovo dei sottomarini nucleari, ma senza testate atomiche, così da salvaguardare l’occupazione di migliaia di lavoratori impiegati nell’industria bellica nazionale, un comparto che vale migliaia di posti di lavoro, soprattutto in Scozia e Cumbria. Il segretario continua così nella sua funambolica passeggiata attraverso le zone critiche della linea laburista: un partito socialista eppure monarchico, tradizionalmente filocolonialista e da sempre a favore della deterrenza nucleare. La questione è in tutti i sensi esplosiva sia per il segretario che per il partito, giacché le posizioni pro o contro le armi nucleari divergono abbondantemente nella componente parlamentare, quella sulla quale il segretario ha notoriamente minor controllo e influenza. Assieme alla recente dimostrazione di disunità offerta dal partito in occasione del voto sui bombardamenti aerei in Siria, il rinnovo del programma missilistico nucleare Trident, ormai arrivato all’obsolescenza e in procinto di essere rinnovato a costi stellari, è la fenditura più evidente fra l’anima moderata e quella più radicale del partito. ( Leonardo Clausi  da il manifesto ) leggi

Spagna, Rajoy (PP) rinuncia a formare governo e declina la proposta di Felipe VI

A questo punto avanza l'ipotesi di un accordo tra socialisti e Podemos. Cinque anni dopo la rivolta di Puerta del Sol dei giovani indignados il partito che li rappresenta ora punta alla poltrona di vicepremier in un futuro governo a guida socialista. Il leader Iglesias, prima della rinuncia di Rajoy, aveva spazzato via ogni dubbio: "Vogliamo andare al governo con i socialisti". Il popolare Rajoy può contare su 123 deputati su 350, il Psoe di Sanchez ne ha 90, Podemos e i suoi alleati 69, Ciudadanos 40, gli indipendentisti catalani 17, quelli baschi 2, come Izquierda Unida (Iu), e 6 i nazionalisti baschi del Pnv, possibili alleati di Sanchez. Nessuno si era detto pronto ad appoggiare Rajoy, che proponeva una Gran Coalicion europea con socialisti e Ciudadanos. ( da ilfattoquotidiano.it ) leggi
 
Nel 2016 ne sentirete parlare: Marisa Matias che vuole cambiare il Portogallo e l’Europa

Il 2016, tra i suoi protagonisti, avrà certamente Marisa Matias, candidata alla presidenza del Portogallo. Quarant’anni il 20 febbraio prossimo, Marisa Isabel dos Santos Matias è nata a Coimbra, centro universitario del Portogallo. Nelle aule universitarie del suo villaggio, Matias inizia pure a partecipare ai movimenti civici: qualità della vita in città, cause ambientali e lotta per la depenalizzazione dell’aborto. La sua attività politica cresce fin quando, sei anni fa, viene eletta al Parlamento europeo (rieletta nel 2014) tra le fila del Bloco de Esquerda e aderisce al gruppo GUE/NGL. In Europa, racconta Matias, «sapevo già che non avrei ritrovato quello che avevo in mente, un progetto democratico e solidale». Il 25 settembre del 2014 ha presieduto la presentazione delle conclusioni della sessione straordinaria su Gaza del Tribunale Russell nell’Europarlamento, insieme a Ken Loach, Roger Waters, Vandana Shiva, David Sheen, Richard Falk, Max Blumenthal, Mohamed Omer e Michael Mansfield. In Portogallo il 2015 è stato un anno storico. Dal 24 novembre un governo di sinistra-sinistra guidato dal socialista Antonio Costa con il sostegno del Bloco de Esquerda, dei comunisti e dei verdi, ha messo in piedi un governo anti-austerità, riuscendo a strappare la guida del Paese al ben più filoeuropeo e gradito Passos Coelho. Il 2016 sarà anche l’anno di Marisa Matias che avrà appena 40 anni quando si sottoporrà al voto per la guida del suo Paese. ( Tiziana Barillà da left.it ) leggi

Messico, le cifre di uno stato fallito  

Il Messico chiude l’anno con un altro record negativo: l’arresto di almeno 200.000 migranti, sui circa 300.000 che, secondo gli esperti, hanno cercato di attraversare la frontiera per raggiungere gli Stati uniti. Cifre ufficiali del governo, secondo le quali il 92% degli arrestati proviene dai paesi del Centroamerica, soprattutto dal Guatemala (45%). In compenso, sta arrivando a soluzione la crisi provocata dagli oltre 7.000 cubani, diretti negli Usa e fermi dal 14 dicembre in Costa Rica, dove aspettano di entrare altri 900. A oltre un anno dalla scomparsa dei 43 studenti normalistas, la loro ricerca e la scoperta di oltre 60 fosse comuni, ha evidenziato un altro triste primato del Messico: gli omicidi impuniti e le sparizioni forzate. Secondo le cifre ufficiali, dal 2005 al 2015 i desaparecidos superano i 25.000. Durante il governo del neoliberista Enrique Peña Nieto sono scomparse 13 persone al giorno, una ogni ora e 52 minuti. Nel 2015, si sono registrati 7 femminicidi al giorno, sono stati ammazzati 14 giornalisti e due risultano desaparecidos . A causa delle gravi violazioni, dal 2006 al 9 ottobre scorso, il governo messicano ha ricevuto 548 «raccomandazioni» da parte delle organizzazioni internazionali per i diritti umani. ( Geraldina Colotti da il manifesto ) leggi

Leonardo Di Caprio, appello ai petrolieri: lasciate le fonti fossili sottoterra

E’ un appassionato Leonardo Di Caprio quello che parla alla platea di Davos, Svizzera dove si svolge il Forum Mondiale dell’Economia. Leonardo Di Caprio è qui per essere onorato per il suo lavoro nella preservazione dell’ambiente. Il suo discorso di ringraziamento è sincero ed è un attacco diretto all’industria fossile. Di Caprio dice che senza mezzi termini che se vogliamo che il pianeta sopravviva occorre eliminare in toto l’uso di petrolio, gas e carbone. Dice che l’unico posto in cui stanno bene è sottoterra. Dice che mentre venti anni fa sembrava che non avessimo alternative, adesso ce ne sono. Dice che non possiamo assolutamente permettere che l’industria dell’ oil and gas, la loro avidità, i loro interessi finanziari possano determinare il futuro del nostro pianeta.  Maria Rita D'Orsogna Fisico, docente universitario, attivista ambientale su ilfattoquotidiano.it  ) leggi

Decine di migliaia di calamari giganti spiaggiati in Cile. Colpa di El Niño?

«La morte di massa dei calamari può essere stata provocata dalla temperatuira elevata dell’acqua del mare». Lo spiaggiamento sulla costa di Santa María di molluschi e pesci morti in questo periodo dell’anno (l’estate australe) è relativamente comune ma finora non aveva prodotto uno spiaggiamento di queste dimensioni di calamari giganti di Humboldt. «A causa della mancanza di dati più concreti, non si può scartare che l’elevata temperatura dell’acqua in questa zona del Pacífico sia in relazione con il fenomeno El Niño, qche in questa occasione (2015-2016) vive un periodo specialmente forte e esteso». El Niño si manifesta ad intervali di 2 - 7 anni e inizia quando le acque del Pacifico si riscaldano al largo dell’equatore, il che fa cambiare la normale direzione dei venti e riscalda fortemente l’oceano Pacifico di fronte alle coste del Sudamerica, provocando inondazioni  e siccità in diverse aree, con conseguenti perdite sia per la produzione agricola che per la pesca e con effetti meteorologici e climatici a catena in tutto il pianeta.  ( da greenreport.it ) leggi

La foto del giorno: Cina: il Paese brucia carbone quanto il resto del mondo messo assieme, con conseguenze ambientali gravissime. L'inquinamento è diventata la causa principale di malcontento in Cina, sorpassando le proteste sugli espropri di terreni. Già tra il 2006 e il 2010, secondo il sociologo dell'università Tsinghua Sun Liping, gli "incidenti di massa" ( proteste) sono raddoppiati arrivando a 180.000 all'anno. Ma non è vero che si pensi a privilegiare per il futuro le fonti rinnovabili. Senza clamore si pensa al nucleare (  13 reattori sono già funzionanti e altri 22 sarebbero in fase di avvio ) tanto che uno scienziato cinese ha denunciato:” I piani nucleari della Cina sono folli “ leggi e leggi  




Il punto di vista  del Gruppo Cinque Terre:
 Documento annuale: Quello che possiamo fare ( Piero Aimasso - Anna Andorno - Giovanni Chiambretto - Maurizio Di Gregorio - Massimo Marino ) - 1 giugno 2015                                                                       

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