5 maggio 2016

Cosa può fare davvero Nuit debout?


Cosa possono produrre le “Notti in Piedi”? Scatenare lo sciopero generale? Redigere una nuova Costituzione? Cambiare le strutture sociali? Si, sarebbe bello. Ma cosa potrebbe essere, davvero, il movimento Nuit debout (Notte in piedi) oggi? Da dove arriva e quale contributo originale può fornire al progetto di messa in scacco della legge sul lavoro e del suo mondo? Come fare perché Nuit debout liberi la sua potenza e cominci a cambiare la società, oltre alle piazza occupate? Ecco un contributo collettivo ai dibattiti che corrono nei movimenti, da parte di Annick Coupé (ex portavoce di Solidaires), Thomas Coutrot (Attac), Nicolas Haeringer (350.org) e Aurélie Trouvé (“économiste atterrée”)


di Thomas-Coutrot, Annick Coupé, Nicolas Haeringer e Aurélie Trouvé ( da www.comune-info.net  ) *


Riprendersi la parola e passare all’azione: queste le motivazioni principali delle migliaia di persone che, in questo momento, occupano le piazze di Francia. La parola, confiscata da una classe politica di professionisti fuori campo e di grandi media sotto chiave. L’azione collettiva, diventata così difficile in questi tempi di precarietà ancora offuscati dallo Stato d’Emergenza. Eppure, eccoci imbarcati allegramente in un movimento sociale totalmente inedito in Francia, la cui ampiezza e le cui conseguenze sono ancora imprevedibili.



La scintilla è stata quella Legge Lavoro (1) che ancora oggi ci si chiede come possa ricevere un certo sostegno sindacale. Perchè fa prevalere l’accordo aziendale, luogo privilegiato del ricatto salariale, sulla legge e le convenzioni di settore. E fa del licenziamento economico una decisione di routine, autorizzandolo in caso di “riduzione importante di liquidità” o di riduzione delle attività per qualche mese, circostanze banali nella vita aziendale. Svuotando di senso la nozione di “giusta causa di licenziamento”, precarizza brutalmente il Contratto a tempo indeterminato, rendendolo ben più flessibile di quello a termine.


Questa aggressione s’iscrive nello “stato di emergenza economica” decretato il 17 dicembre 2015 da Pierre Gattaz, presidente del ministero di economia e finanza, approfittando dello shock provocato dagli attentati a Parigi e Saint-Denis. Ma la Shock Doctrine (2) ha fallito e il corpo sociale ha reagito con forza. La petizione #LoiTravailNonMerci (Leggelavoronograzie, ndt), il sito web #OnVautMieuxQueCa (Vogliamo di meglio, ndt), le giornate di sciopero e le manifestazioni organizzate in marzo da organizzazioni sindacali combattive hanno espresso il rifiuto della maggioranza della società. Il movimento ha imboccato tuttavia una nuova direzione il 31 marzo, con l’iniziativa “Notte in Piedi”, a favore della “convergenza delle lotte”.


Da una lotta contro la nuova riforma neoliberista del lavoro si è passati oramai al rifiuto de “La Legge Lavoro e del suo mondo”. Il riferimento esplicito, ampiamente presente nel movimento, alla lotta di Notre Dame des Landes (3) – contro “l’aeroporto e il suo mondo” è significativa: l’ambizione del movimento non è solo mettere sotto scacco un progetto menzognero, inutile e dannoso, ma di rifiutare il mondo che l’ha prodotto e cominciare a costruirne un altro. In Francia, quattro anni di presidenza Hollande e di promesse non mantenute, fino all’infame progetto di nazionalità a scadenza (4) e la scandalosa legge sul lavoro, hanno prodotto una constatazione largamente condivisa: non c’è da aspettarsi più niente e non c’è più niente da negoziare. L’oligarchia che ci governa, di “sinistra” come di destra, non è più un interlocutore perchè ha operato una secessione. Con l’1 per cento non abbiamo più un mondo in comune.


Ma come si spiega la forma che ha preso Nuit debout? Certamente gli esempi stranieri, molteplici da cinque anni a questa parte, sono stati un’ispirazione. Come per gli Indignados/Occupy, di fronte agli abusi dei ricchi e al disprezzo dei governanti la rivolta si concentra sulle piazze, che diventano “zone liberate”, delle Zad (5) urbane dove si può barattare, resistere, sperimentare e costruire. Qui si riprende fiato, si mettono le parole in libertà, si scrivono nuove cronache, utopie concrete per rifondare un vivere insieme. Prima solo qualche centinaio, poi qualche migliaio, presto speriamo molti di più.

Un ruolo ha anche il ricordo potente dei movimenti del 2003 e del 2010 contro la riforma delle pensioni, e del loro fallimento nonostante il lungo succedersi di manifestazioni gigantesche, largamente sostenute dall’opinione pubblica. Era quindi necessario innovare.


Questo lavoro di riappropriazione della parola e della creatività costituisce un “noi” popolare. Ricostruisce qualcosa in comune tra individui finora separati dalla concorrenza; e tra lotte anch’esse impotenti poichè sparse. I salariati sparpagliati in contratti multipli, paralizzati dalla precarietà e dalla paura del declassamento, non riescono più a occupare le fabbriche o gli uffici: occupano le piazze. La potenziale forza politica di questa creatività popolare è evidente. Ma è ancora in fieri. Come fare affinchè Nuit debout liberi davvero tutta la sua potenza e cominci a cambiare la società, oltre alle piazze occupate?


Chiamare alla redazione di una nuova Costituzione o allo sciopero generale presuppone che la questione sia risolta. È chiaro che dobbiamo cominciare a pensarci, ma redarre una nuova Costituzione non diventerà d’attualità se non in risposta all’affermazione di un potere costituente. Ora come ora, Nuit debout non è che l’inizio di un potere destituente. Il blocco dell’economia per sciopero sarebbe un’arma preziosa, ma Nuit debout per il momento si costruisce senza scioperi. Bisogna quindi, senza indugio, immaginare obiettivi e forme di azione diverse che si appoggino sull’enorme energia già disponibile.


Nel 2010, alcune Assemblee generali interprofessionali avevano iniziato a bloccare i depositi di carburante e le piattaforme logistiche, il che avrebbe potuto cambiare i rapporti di forza se si fosse diffuso. Più in generale, questi ultimi anni hanno visto un aumento, inedito in Francia, di atti di disobbedienza civile, una tradizione di lotta fino a poco tempo fa poco radicata nel nostro paese. Notre-Dame des Landes, Sivens (6) e altri progetti inutili e fattorie industriali, gole profonde, azioni anti-pubblicità, mietitori di sedie nelle banche implicate con i paradisi fiscali, azioni nel corso di COP21 e ora contro le multinazionali petrolifere a Pau o a Parigi…


Di fronte a un’oligarchia trincerata nel suo bunker, da cui governa contro il popolo, il blocco o la disobbedienza civile diventano strumenti chiave. Lo scandalo dei Panama Papers si è aggiunto all’aggressione della Legge Lavoro per dimostrare il cinismo delle elite. Azioni di disobbedienza nonviolenta ma determinata contro il ministero di economia e finanza, le banche e le multinazionali possono oggi contribuire al rapporto di forza che consentirà qualche vittoria, sia sulla Legge Lavoro che sui paradisi fiscali e le energie fossili.


Contro la Legge Lavoro e il suo mondo, contro l’evasione fiscale e i crimini climatici, le petizioni, gli scioperi e le manifestazioni, le occupazioni delle piazze sono indispensabili ma non sono sufficienti: con la Piazza de la Republique e tutte le piazze occupate, con i sindacati e le associazioni, con i cittadini mobilitati, inventiamo quelle azioni di disobbedienza nonviolenta e risoluta che colpiranno le immaginazioni e rinforzeranno il potere cittadino.


Note

1.     Nuova legge sul lavoro in Francia, presentata nel marzo 2016, di contenuti simili al Jobs Act renziano e molto avversata dalla popolazione.

2.     The shock doctrine, libro di Naomi Klein in cui si sostiene che sia più facile far accettare leggi o progetti molto avversati dalla popolazione nel momento in cui questa sia colpita da una catastrofe o da un trauma.

3.     Notre-Dame-des-Landes è il nome di un progetto di costruzione di un aeroporto che ha incontrato una fortissima resistenza da parte degli abitanti del posto e di ampi strati della cittadinanza.

4.     A stretto ridosso degli attentati di Parigi del novembre 2015, il premier Hollande voleva far passare una legge per revocare la cittadinanza francese a immigrati naturalizzati che avessero problemi con la giustizia.

5.     “Per i pianificatori la Zad é la Zone d’Aménagement Différé (Zona di Pianificazione Differita); per noi é la Zona da Difendere: un pezzo di campagna a qualche chilometro da Nantes (Bretagna) che dovrebbe lasciare il posto ad un aeroporto internazionale”. Da http://zad.nadir.org/

6.     Sivens è la località dove avrebbe dovuto essere costruita una diga che avrebbe distrutto quaranta ettari di zona umida ad alto tasso di biodiversità. Le proteste sostenute dagli abitanti e occupanti della Zad nel corso di sedici mesi e la morte di un giovane nel corso di uno sgombero lo scorso marzo, hanno portato alla sospensione del progetto.


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* Annick Coupé (ex portavoce di Solidaires), Thomas Coutrot (Attac), Nicolas Haeringer (350.org) e Aurélie Trouvé (économiste atterrée). L’articolo è stato pubblicato su un blog di Thomas Coutrot ospitato su mediapart.fr e qui con l’autorizzazione dell’autore (titolo completo originale Occupazioni, blocchi stradali, disobbedienza civile, sciopero: cosa può fare davvero Nuit debout?).         Traduzione: Maria Pia Corpaci per Comune.

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