27 febbraio 2017

I mille giorni del governo Renzi e il «molto» che è stato fatto per le rinnovabili in Italia



Greenpeace, Legambiente e Wwf al governo: "Quali sono i suoi piani e le strategie dopo l’Accordo di Parigi?"

«La questione ambientale, legata alla sostenibilità e alla green economy, è sempre più centrale nel mondo. Durante i mille giorni abbiamo fatto molto per questo settore ma ne abbiamo parlato poco». 

Mentre Matteo Renzi è volato fino in California per tornare a parlare di green economy è l’associazione Italia solare – che riunisce operatori e possessori di impianti fotovoltaici in Italia – a ricordare in cosa consiste quel «molto» rivendicato dall’ex premier.

«Con il governo Renzi – osservano da Italia solare – il fotovoltaico ha toccato i minimi storici degli ultimi anni e non solo per immobilismo o indifferenza ma per una serie di interventi che appaiono deliberatamente contro il fotovoltaico, le altre rinnovabili e l’efficienza energetica. Appena insediato, nel 2014, è stato emanato il Decreto Spalmaincentivi, che ha tagliato retroattivamente gli incentivi agli impianti di potenza superiore ai 200 kWp. Moltissime aziende, a causa delle impreviste minori entrate, si sono trovate in grande difficoltà, soprattutto coi pagamenti delle rate dei finanziamenti. Nel 2015 ha preso forma un altro provvedimento scandalosamente contro il fotovoltaico e l’efficienza energetica: la riforma delle tariffe elettriche che, come risulta dagli stessi documenti dell’Autorità per l’Energia, causa aumenti delle bollette del 10-30% per 17 milioni di famiglie, in particolare per le meno abbienti. Una riforma che incentiva lo spreco energetico, contro ogni principio di buon senso e pure in antitesi con le raccomandazioni comunitarie. Nel 2016 sono stati tolti gli impianti fotovoltaici dalla lista degli interventi che possono beneficiare dei certificati bianchi, che rappresentavano gli unici aiuti per chi non poteva usufruire, a causa di un basso reddito, della detrazione fiscale. Inoltre durante il governo Renzi più volte i Sistemi di Distribuzione Chiusi (SDC), che permettono di sfruttare al meglio gli impianti fotovoltaici rendendoli utilizzabili da più utenti, sono stati bocciati. Dire che il governo Renzi ha aiutato il fotovoltaico è falso. In ogni caso si può sempre cambiare idea e ne saremmo tutti felici».
Nel frattempo, a chiamare in causa l’operato dell’attuale governo guidato da Paolo Gentiloni sono tre delle principali associazioni ambientaliste presenti in Italia – Greenpeace, Legambiente e Wwf –, che rivolgono oggi una lettera aperta al presidente del Consiglio, ai ministri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, nonché ai governatori delle regioni.
Gli ambientalisti chiedono come mai  «il governo italiano, violando gli impegni assunti con il recepimento della Direttiva comunitaria Offshore (con il Dlgs n. 145/2016), si rifiuti ancora oggi di prevedere una programmazione delle attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi da sottoporre a Valutazione Ambientale Strategica, mentre procede  ad aprire Valutazione di Impatto Ambientale sulle singole istanze per permessi di ricerca offshore, che rappresentano la categoria più numerosa tra le procedure oggi aperte (37,5% con 6 istanze su 16; seguono 3 per autostrade, 2 per impianti idroelettrici, 2 per reti ad alta tensione, 2 per porti, 1 per aeroporti)».
Inoltre, nella lettera aperta le tre associazioni ambientaliste chiedono al governo Gentiloni di:
  1. riparare al danno fatto dal Governo Renzi, con la raffazzonata modifica contenuta nella Legge di Stabilità 2016 di una delle poche disposizioni positive del decreto Sblocca Italia, che all’articolo 38, comma 1 bis (cancellato improvvidamente per esigenze strumentali pre-referandarie) prevedeva la redazione di “Piani delle aree”, fortemente voluti dalle Regioni e dai Comuni, per le attività di estrazione degli idrocarburi;
  2. dare finalmente concreta attuazione a quanto previsto dall’articolo 5 del decreto legislativo n. 145/2016 di recepimento della Direttiva europea “Offshore”, che prevede sia garantita la partecipazione pubblica tramite alle procedure di valutazione ambientale strategica su piani e programmi, per valutare organicamente e cumulativamente i possibili effetti sull’ambiente delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi, nell’interesse delle popolazioni e degli enti locali;
  3. discutere pubblicamente, impostare e dare concreta attuazione al più presto a una nuova Strategia nazionale energetico/climatica richiesta dopo l’Accordo di Parigi che punti convintamente sulle fonti rinnovabili, sul risparmio e l’efficienza energetica, chiudendo al più presto il capitolo delle fonti non rinnovabili più inquinanti.
«L’Italia è un Paese refrattario alla pianificazione degli interventi in campo energetico, con un  Governo – chiosano le associazioni – che rischia di porsi al di fuori dall’Europa e degli impegni assunti su scala internazionale, e continua a dare carta bianca alle aziende petrolifere (in primis Eni e Edison), a interessi industriali ad alto rischio ambientale, senza un disegno unitario. Greenpeace, Legambiente e Wwf chiedono, appoggiando le analoghe richieste della rete dei comitati No Triv, un segnale positivo dal governo Gentiloni, un atto concreto che dimostri che l’Italia vuole davvero essere uno dei Paesi più avanzati al mondo».
  da greenreport.it, 24 febbraio 2017 

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