16 luglio 2010

E' nato EcoCastelli



http://www.ecocastelli.it/


5 luglio 2010: apre www.ecocastelli.it. Un sito per vivere al meglio i Castelli Romani, con i loro problemi e con i loro tesori. Uno sguardo attento ad una vita sana e sostenibile, responsabile ecologicamente e socialmente. Tutte le informazioni su quello che si muove di positivo nel territorio dei Castelli e loro dintorni: iniziative, incontri, notizie, eventi, spettacoli. E anche un sito per incontrarsi e conoscere nuove possibilità, discutere e dibattere, scambiare opinioni, informarsi e documentarsi. In più una vetrina privilegiata ed uno spazio specializzato per le attività culturali ambientali e olistiche. Aspettiamo i vostri suggerimenti.

12 luglio 2010

Ecologisti: Men at work

Nel variegato mondo degli “ecologisti” si è consolidata l’abitudine a fare grandi e complicate discussioni , riunioni, incontri, da cui scaturiscono piccole e irrilevanti decisioni, progetti, iniziative.

Insieme si è consolidata una inconfessata abitudine a essere irrilevanti, a costruire piccoli gruppi, piccole cose, piccoli risultati; si è consolidata in realtà l’abitudine a perdere e a subire sempre e tutto; non c’è la percezione che l’arcipelago è diventato una palude; la piega che sta prendendo la battaglia contro il ritorno del nucleare dove c’è un “movimento” che in realtà “non si muove” è un esempio di cui dovremo urgentemente discutere.

E’ molto più facile trovare 1 motivo per dividersi che mettere in rilievo 99 motivi per unirsi.

Così come ci sono infiniti modi attraverso i quali ci si illude, a volte per anni o per decenni, di fare qualcosa, nel mentre in realtà non si fa nulla (nulla di “sensibile” nulla che “trasformi un pezzetto della realtà” italiana che non ci piace).

Il rischio principale di incontri dove molte persone affini, ma di molti gruppi diversi, si incontrano, è quello che tutto si risolva in una grande, lunga, inutile, alla fine frustrante, chiacchiera in cui nessuno vive davvero la “responsabilità” delle cose su cui sta discutendo e sui cui dovrebbe prendere utili decisioni insieme a molti altri e su cui ognuno (tutti) si mette dal giorno dopo a lavorare; è più facile tornare al proprio gruppetto, associazione, comitato, gruppo civico, verde, tematico, di quartiere, al proprio blog, rivista o altro. Da questo “vuoto di responsabilità” nasce in gran parte l’assenza di un significativo movimento politico degli ecologisti italiano,ormai una vera “anomalia” in Europa e nel mondo; nel mentre esistono migliaia di gruppi e iniziative, tutte assolutamente nobili nei contenuti, condivisibili, tutte inadeguate e poco rilevanti nella realtà.

Per questo è bene essere onestamente chiari su quanto vogliamo,vorremmo fare, senza giraci intorno:

1) Vogliamo far nascere un nuovo movimento politico, gli ECOLOGISTI , in Piemonte, nelle altre regioni, in Italia, così come essi esistono, con tante sfumature diverse, in circa 100 nazioni del mondo.

2) Il percorso è lungo ( 1-2 anni ?) ma il problema è che ogni passo fatto di 10, 100 necessari..sia fatto nella direzione giusta e senza perdere l’obiettivo: Ad esempio non vogliamo costruire un nuovo “cartello elettorale”, neanche un “coordinamento di movimenti” (cioè di piccoli gruppi che si autoeleggono a “movimenti”) neanche un piccolo nuovo partitino verde, neanche la rifondazione di quello che ha fallito, tantomeno nulla che abbia a che fare con l’ennesima “rifondazione della sinistra”, questione che molti di noi da tempo si sono lasciati alle spalle e che forse è davvero obsoleta storicamente, comunque “altro" da noi.

3) Gli Ecologisti, come li intendiamo noi, non hanno nulla a che fare con gli ambientalisti, neanche con i verdi (in salsa italiana) Si tratta di un movimento nuovo, moderno, radicale, che si occupa di questioni civiche, dei nostri beni comuni, anche di elezioni ,di lotte, di strutture nel territorio, di rete web, di cultura, di musica, cinema e arte, di riflessione etica e spirituale, insomma di problemi del pianeta ( uomini e donne, animali, piante, fonti di energia e di alimentazione etc..) in definitiva di tutto ciò che ha a che fare con la vita e la felicità, la sopravvivenza e la dignità di chi vive sul pianeta (uomini, animali, cose).

4) Per fare i primi passi bisogna: unirsi e condividere / organizzarsi e fare cose concrete: aprire sedi multifunzionali, costruire un portale web che garantisca organizzazione rapida di scelte e azioni / fare manifestazioni, azioni esemplari ma anche concerti ,dibattiti ( una scuola di Ecologia ?) ..etc..etc. / dare e raccogliere soldi prevalentemente fuori dai canali e dai contributi di casta tipici della politica, trovando i modi per farlo anche divertendosi e fornendo servizi utili e piacevoli per tanti.

5) Unirsi e condividere vuol dire non porre veti a nessuno, includere e non escludere; nei fatti ciò che è incompatibile si escluderà da solo o cambierà la propria vocazione ed i propri comportamenti: se ciò non avviene vuol dire che il progetto non cresce davvero, che è taroccato, che non siamo capaci di costruirlo..che è una possibilità che dobbiamo tener presente ..

6) Un progetto grande richiede una grande adesione, cioè tante persone e tanti gruppi che hanno tanto in comune (il 90% ? ) con sicuramente un 10% di differente, che tale resterà. Se qualcuno pretende il 100%, naturalmente il suo 100%, sbaglia e non aiuta il progetto; se è una persona un po’ influente..lo distrugge ..lo rende impossibile..non lo fa nascere. Costruire è difficile, distruggere molto più facile. Questa è una delle malattie storiche ereditate della sinistra ( oltre che il segno di una eterna immaturità ), da cui sono nati i suoi mille frammenti ..e forse la sua morte.

7) Il Potere e i Soldi : Sono una questione seria; discuterne a fondo è determinante, non si può eluderla; Oggi la Convenienza tende a prevalere sui Sentimenti; il Potere a prevalere sulla Felicità; Un Posto in lista sulla Gioia di un Successo collettivo. E’ un lungo discorso che spiega anche perché ci sono tante persone ricche, piene di potere, arroganti, che sono in realtà infelici, frustrate, in definitiva “povere”. A volte cadono rapidamente in disgrazia..qualche volta hanno anche un infarto prematuro..

Con calma dovremmo sviluppare meglio queste riflessioni affrettate

Massimo Marino ( Gruppo delle Cinque Terre )

http://www.youtube.com/watch?v=gArUEEE1OF8

11 luglio 2010

In vendita i tesori del demanio



Con il cosiddetto “ federalismo demaniale” agli enti locali dovrebbe arrivare un bel tesoretto; agli italiani magari la svendita di qualche altro pezzo di “beni comuni” e magari una spalmata di cemento in più sul belpaese a seguito della vendita di beni ai privati ( quelli che possono permettersi di comprare, cioè quelli che pensano di guadagnarci..) . Isole, montagne, ex aeroporti, ex caserme, fari, piazze, palazzi storici, pezzi di montagne,di ferrovie , di acquedotti, campi di calcio, pezzi di spiaggie, rifugi, basi missilistiche. Il valore di inventario di tutto il patrimonio che diventa disponibile per le autonomie che potranno "scegliere" alcuni di questi beni con un progetto di valorizzazione, è di poco oltre i tre miliardi. Ma è chiaro che può diventare molto di più. Anche perchè a disposizione, a titolo gratuito, di Comuni, Province e Regioni c’è un patrimonio consistente di beni, messi nero su bianco dall’agenzia del demanio in un elenco al momento ancora provvisorio.


Roma la fa da padrona. C’è il museo di Villa Giulia, dal quale potrebbe essere sfrattata la famosa coppia di sposi Etruschi, presente in tutti i libri di storia dell’arte antica e il cui valore di inventario è poco più di quattro milioni e mezzo di euro. Sempre nella Capitale risultano a disposizione, tra gli altri, un immobile a piazza delle Coppelle, in pieno centro e attualmente in uso al Senato che vale oltre 22 milioni e mezzo di euro; l’Archivio generale della Corte dei Conti alla Bufalotta (quasi 67 milioni di euro); un complesso immobiliare (che risulta tra i più preziosi dell’intero faldone) a via della Rustica del valore di quasi 90 milioni di euro. In centro a Bologna c’è l’ex convento della Carità a 330mila euro, mentre a Trieste c’è l’Archivio di Stato (del valore di inventario di quasi 5 milioni di euro). A Genova c’è l’ex cinta fortilizia detta "Mura degli angeli". A Venezia è reso disponibile l’ex forte di Sant’Erasmo (quasi 7 milioni di euro).
C’ è anche il cinema: il fabbricato del cinema Nuovo Sacher di Nanni Moretti, stimato 4 milioni e mezzo di euro, l’intero Idroscalo di Ostia, dove morì Pier Paolo Pasolini, per circa 6 milioni e settecento mila euro di valore di inventario. In Puglia il faro di Mattinata sul Gargano, così come il vecchio faro di punta Palascia a Otranto, il faro Spignon di Venezia. Ma sono anche trasferibili pezzi di ex ferrovie come l’antico tracciato della direttissima Roma-Napoli fino a un pezzo del raccordo ferroviario a Briosco (in provincia di Milano). In lista anche acquedotti come quello di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli.

Le caserme fanno storia a sè con la "Difesa Spa" incaricata in primis (prima degli enti locali) della loro valorizzazione, nell’elenco del Demanio ce ne sono numerose, in particolare nelle zone di confine, dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia. Ci sono gli isolotti in prossimità di Caprera ma anche l’isola di Santo Stefano vicino a Ventotene, ceduta’pezzo per pezzò dall’ex carcere all’attracco agli arenili; poi diversi terreni e fabbricati nell’isola di Palmaria vicino a Portovenere. Ma c’è anche un pezzo di spiaggia a Sapri come la ’spiaggia del lago di Comò di manzoniana memoria a Lecco. Non mancano aereoporti e basi: l’ aeroporto di Bresso (Milano), quello di Bagno Piana all’Aquila; l’ex base missilistica di Zelo in provincia di Rovigo e vari rifugi anti-aerei della città di Siena.


La grande svendita

di Antonio Cianciullo

Valorizzazione. E chi può essere contro la valorizzazione? Soprattutto quando si applica al patrimonio dei beni artistici e culturali. Peccato che, consultando il vocabolario del politichese, si scopre che la traduzione nel linguaggio comune di «valorizzazione» è «privatizzazione». E l’equazione «valore uguale privati» suona quanto meno azzardata. Ma così è. Così è in forza delle norme sul federalismo demaniale approvate dal Consiglio dei ministri del 20 maggio scorso. Ex forti, fari, isole (come l’isolotto di S. Stefano ), musei, monumenti storici possono passare dal demanio pubblico a quello degli enti locali. Con la clausola di una possibile vendita per ripianare il debito pubblico. Da una parte lo Stato sottrae alle Regioni e ai Comuni i finanziamenti necessari per far andare avanti i servizi di primaria necessità, dall’altra lancia una manciata di beni di famiglia per un saldo stagionale. Non suona come un buon affare né per lo Stato né per gli enti locali. Forse per qualcun altro.

(dal blog ecoLogica La Repubblica .it )

( consulta l'elenco dei beni in vendita regione per regione all'indirizzo: www.assoeco.it )

9 luglio 2010

Una politica per le Rinnovabili


di Fiorello Cortiana


In queste settimane gli italiani stanno affrontando giornate e nottate con temperature elevate e i consumi energetici per rinfrescarli raggiungono picchi a volte preoccupanti per il sistema della distribuzione di energia. Ha fatto quindi notizia ciò che pochi giorni fa è accaduto ai cugini d’oltralpe, Lì in alcuni dipartimenti si teme il black out energetico perché la produzione di energia supera la domanda con la sovratensione conseguente. Lo squilibrio è dovuto al fatto che gli allacciamenti alle installazioni fotovoltaiche sono cinque volte superiori al consumo di punta del dipartimento, come ha reso noto ERDF, la società francese di distribuzione.

A fronte di un quadro economico e finanziario globale caratterizzato da incertezza e speculazioni a differenza del restante comparto energetico l’energia da fonti rinnovabili mostra un maggiore equilibrio sui mercati. I dati relativi all’Italia per Irex Annual Report evidenziano per il biennio 2008-2009, investimenti in impianti per 6,5 miliardi di euro, pari a 4.127 MW. Gli scenari di sviluppo delle fonti d’energia rinnovabile al 2020 mostrano un beneficio netto per l’Italia compreso tra 24 e 27 miliardi di euro e un indotto occupazionale tra 72mila e 86mila nuovi posti di lavoro.


Nell’analisi costi-benefici il minor impiego di combustibili porterà a una diminuzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera e a una minor dipendenza dalla fluttuazione monetaria quindi dal costo dei combustibili sul mercato internazionale. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha presentato alle associazioni di categoria il Piano di azione nazionale (Pan) per le energie rinnovabili, finalizzato a conseguire l’obiettivo di produzione di energia da fonti rinnovabili indicato dalla direttiva 2009/28/CE , il17% di produzione da fonti di energia rinnovabile sul consumo totale di energia e il 10% sul consumo totale di carburanti.

Si prevede il raggiungimento nel 2020 di una quota complessiva di fonti alternative sul consumo finale di energia elettrica del 28,97%, equivalente a una capacità installata di 45.885 MW e a una produzione lorda di 105.950 GWh. Sono obiettivi ambizioni e coerenti con gli indirizzi europei. Entro il 2020, in base al Pan dovremo produrre da fonti rinnovabili più di 105 miliardi di kWh/anno in energia elettrica, occorre tenere presente che nel 2005 ne abbiamo prodotti per 56 miliardi. Si prevede di triplicare la produzione di energia termica (caldo/freddo) e moltiplicare sette volte la produzione di biocarburanti. Si prevede di contenere i nostri consumi di energia primaria ai livelli attuali, pari a 131 milioni di TEP(tonnellate Equivalenti di Petrolio). Per questo il settore che si sta sviluppando richiede di rimuovere gli attuali ostacoli di tipo burocratico/autorizzativo e relativi allo sviluppo della rete elettrica, che impediscono la certezza e la stabilità delle prospettive di investimento nel settore.

Per raggiungere questi obiettivi e, conseguentemente, per sviluppare un settore ad alto contenuto tecnologico con un significativo indotto occupazionale è necessaria una politica coordinata conseguente sia sul piano normativo che per l’organizzazione amministrativa. Ad esempio, la stima relativa all’installato del solare fotovoltaico per il 2020, quantificata nel documento in 8mila megawatt, equivale ad un tasso di crescita del 5% annuo quando il tasso di crescita del mercato mondiale è compreso tra il 30 e il 40% all’anno. L’Università di Padova ha rilevato che con un tasso di crescita del 16% circa all’anno nel 2020 in Italia si raggiungerebbe un parco installato di almeno 15mila megawatt.


Per le biomasse occorre una definizione chiara di priorità e di incentivi, che diano certezze agli operatori e agli agricoltori sugli investimenti da qui al 2020. Premiando così la multifunzionalità della produzione agricola e l’efficienza energetica delle filiere di una fonte energetica legata all’uso del suolo e al lavoro agricolo, quindi alla produzione di cibo, alla fertilità e agli stock di carbonio nel terreno, nonché alla qualità delle acque di falda. Questo ambizioso Piano Nazionale e l’economia innovativa e di qualità che può sviluppare rischia di essere compromesso da interventi legislativi incoerenti e contraddittori, come l’articolo 45 della Legge Finanziaria sul ritiro dei certificati verdi da parte del Gestore dei Servizi Energetici. Fino ad ora il GSE ha avuto l’obbligo del ritiro dei certificati verdi prodotti in eccesso rispetto alla quantità che i produttori di energia convenzionale sono tenuti ad acquistare. Una misura introdotta nel 2008 per assorbire l’eccedenza di offerta di energia rinnovabile rispetto agli obblighi d’acquisto cui erano tenuti i produttori di energia da fonti non rinnovabili, da qui il nome “certificati verdi”. Se il ritiro dei certificati verdi in eccesso venisse eliminato si avrebbero come conseguenze sia il crollo del prezzo dei certificati verdi che, con un mancato ritorno dagli investimenti effettuati, l’interruzione degli investimenti in un settore in sviluppo, squilibrando così totalmente il principale strumento di mercato a sostegno delle rinnovabili elettriche e portando al raddoppio il canone idroelettrico.

Per altro una misura di soppressione non aumenterebbe di nulla le entrate dello Stato, dato che i finanziamenti relativi vengono prelevati dalla bolletta e non dalla fiscalità generale. L’unica conseguenza per le entrate dello Stato sarebbe negativa a causa della non riscossione dell’IVA legata ad investimenti che non si farebbero più. Infine, togliendo incentivi alle fonti energetiche rinnovabili l’Italia si porrebbe in contrasto con gli indirizzi europei esponendosi a un nuovo contenzioso e a prevedibili sanzioni. Se continuano le politiche di incentivazione fiscale, si prevede entro il 2020 una piena competitività dell’energia da fonti rinnovabili anche senza aiuti.

Le detrazioni hanno una funzione decisiva, infatti anche per le detrazioni relative agli interventi per il risparmio energetico ci sono stati risultati fin qui importanti, che suggeriscono di protrarre il 55% di sgravio anche per i prossimi anni,dato che gli interventi di riqualificazioni energetica per i condomini sono interventi economicamente pesanti che interessano più anni di interventi.


L’ENEA in un quadro di sintesi preliminare ha rilevato che nel triennio 2007/09 sono stati realizzati oltre 590.000 interventi di riqualificazione, dalla coibentazione al solare termico, di cui 120.000 in Lombardia, 85.000 nel Veneto, 67.000 in Piemonte e 64.000 in Emilia-Romagna. Con un risparmio energetico di 3.404 GWh.

Per questo occorre un Piano di Azione Nazionale coordinato e coerente sia per l’aspetto normativo e fiscale, sia per le azioni delle amministrazioni locali e delle Regioni nonché dell’Europa.

8 luglio 2010

PIEMONTE: E’ TEMPO DI NUOVA POLITICA


INCONTRO DI VENERDI’ 9 LUGLIO ore 17,30 - 23 CAFFE’ BASAGLIA
via Mantova 34 Torino

PIEMONTE: E’ TEMPO DI NUOVA POLITICA
( qualche riflessione per favorire la discussione)
Il senso
Iniziative importanti sono in corso per costruire anche nel nostro paese un polo ecologista, civico, riformatore. In Europa gli ecologisti sono ormai in tutti i paesi realtà significative dal punto di vista dei consensi, ma anche e soprattutto per come riescono a intervenire nelle scelte della politica e negli indirizzi economici. Non a caso sono proprio gli ecologisti coloro che – indipendentemente dall’adesione o dalla simpatia che suscitano – appaiono agli occhi delle opinioni pubbliche europee come i “portatori di futuro”, costruttori di quel mondo di domani che nasce dal superamento delle contraddizioni che agitano il nostro vivere d’oggi, rendendolo complicato, ingiusto, inutilmente irrispettoso della natura e degli altri.
L’obiettivo in Italia non quindi è quello di costruire un altro partito o un nuovo partito verde che nasca dalla ceneri del fallimento dei Verdi italiani, magari con l’aggiunta di qualche altro pezzettino marginale.
Le contraddizioni pubbliche e private sono ormai solo più rappresentate da antinomie che pretendono di schematizzare non solo condizioni complesse dell’esistenza umana, ma anche opzioni politiche, economiche e sociali che, così ridotte, finiscono per trasformarsi in generatori di ansia, di devastazione delle persone e dell’ambiente, di strumenti per politiche torbide che fanno leva sulle viscere e si alimentano delle paure per generare consenso. Vincono i furbi, gli scaltri, va avanti chi vanta le migliori relazioni, si compete strenuamente ad armi impari, si considera sacro il nostro e a nostra disposizione ciò che è di tutti. Alla costruzione del sentimento si privilegia l’effimero dell’emozione da bruciare in fretta, al ragionamento lo slogan, all’affetto il contatto effimero, alla naturalità l’artificio.
Chi fa politica guardando al futuro deve ricostruire la complessità delle cose, operando per la composizione dei conflitti, la ricerca dell’armonia, la promozione della cooperazione in tutti i settori dell’attività umana. Deve costruire un ambito che monta soluzioni e propone metodi e contenuti, progetti concreti e atteggiamenti, con la generosità che è il presupposto per qualunque attività volontaristica collettiva.
Nel nostro paese sono in corso esperienze che – purtroppo in modo scollegato e, a volte, con accenti che rendono difficile la diffusione – tendono a queste direzioni. Nell’ambito dell’attività politica si tratta di liste civiche, di gruppi che segnano esperienze di opposizione alle mostruosità che si consumano in nome dell’economia, del benessere e del lavoro (dalle opere pubbliche inutili, al consumo dissennato di territorio, alle politiche dei rifiuti…), di comitati e associazioni – ma anche di parti dei partiti oggi attivi - che promuovono battaglie di cultura che incidono profondamente nella sensibilità collettiva, ma che non trovano oggi alcuna forma di rappresentanza politica, neppure un luogo dove trasformare le tante idee in piattaforma politica: si pensi agli agricoltori più attenti al rapporto fra il cibo e il territorio, fra il cibo e la natura, fra economia ed ecologia; oppure al consumerismo, diventato ormai una realtà importante nell’associazionismo del nostro paese, all’industria verde, ai nuovi lavori; oppure ancora alla rivolta contro la casta, contro i riti e i guasti di una politica che ha smesso di essere utile per divenire prima inutile e poi tossica e nociva.
Costruire un soggetto politico ecologista significa perciò accettare fino in fondo la sfida dell’innovazione a cominciare dall’individuazione dei luoghi di una politica diversa, di metodi e progetti capaci di dare forza ed efficacia alle idee e alle qualità delle persone che si fanno carico di portarle avanti, di proposte e stili di lavoro che diano il senso profondo di una svolta nel rappresentare la voglia di pulizia fino a trasformarla nel motore del cambiamento.

Il luogo
In questi anni la nostra regione ha attraversato tempi e fasi che non sono sintetizzabili i poche righe per evitare generalizzazioni nocive. Alcune linee di tendenza sembrano però ben testimoniare una vivacità di partecipazione e il crescere di una diffusa coscienza ecologica a tutto campo. Mentre l’economia segnava una profonda trasformazione attraverso l’ulteriore disimpegno della FIAT nel torinese - con pesanti effetti sull’indotto, ma anche al di fuori di questo a causa del permanere del “sistema FIAT” che controlla in modo quasi mafioso l’economia vicina e lontana – anche nelle altre province l’industria manifatturiera ha cominciato a entrare in difficoltà, perfino quella legata agli armamenti.
La risposta della politica è sostanzialmente consistita nello spingere l’edilizia – incoraggiando speculazioni su aree che cambiavano di destinazione d’uso sovente con ricatto occupazionale allegato – e il consumo di territorio come fonte di attività economica e quasi unica risorsa di enti locali festaioli e spreconi, più attenti ad alimentare la propaganda di regime che a costruire servizi sostenibili per i cittadini con la cura e l’attenzione dovuta a chi sta peggio o è in difficoltà. Cresce l’egoismo, cala la qualità dei servizi, si adoperano scorciatoie pericolose e dannose per creare l’illusione che siano possibili semplici soluzioni a problemi complessi: privatizzazione dei servizi essenziali, dall’acqua in là, compresi quelli educativi e di cittadinanza; valorizzazione puramente economica e speculativa come pratica amministrativa; generale ripresa di un diffuso disprezzo per le regole e le procedure che garantiscono la trasparenza, la democrazia e la tracciabilità degli atti e delle azioni dei rappresentanti del popolo. L’etica, tanto evocata con le parole nelle dichiarazioni, viene sbertucciata ogni giorno nei comportamenti concreti.
Le politiche di incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili hanno certamente prodotto un forte impulso a nuove forma di imprenditorialità e lanciato un settore economico prima di nicchia. Tetti fotovoltaici, climatizzazione passiva, pompe di calore e altre modalità di produzione energetica sono oramai una realtà consolidata e numerosi Piani regolatori incentivano il risparmio energetico. Ma è proprio su questo versante che in Piemonte ci sono grandi spazi per un forte impulso: significa lavoro, cura del territorio, miglioramento diffuso delle condizioni del patrimonio edilizio e quindi della qualità della vita nel suo complesso. Ma poi intervenire sull’illuminazione pubblica, sugli edifici pubblici, sulle reti…
Ancora in questo ambito: è aperto il problema del nucleare passato, visto che la centrale di Trino è sempre lì e le scorie anche, ma anche di quello futuro, visti i piani del governo: una delle emergenze che bisogna affrontare per prime con azioni di adeguato impatto . E’ aperta la questione del ciclo integrato dei rifiuti, dagli imballi allo smaltimento finale, non è neppure iniziata una seria programmazione politica di tutela e salvaguardia della montagna, per non dire delle acque, dei parchi, della tutela della flora e della fauna…
L’elevato livello tecnologico della nostra regione richiede un sistema formativo inclusivo, qualificato e aperto a tutti, autentico veicolo di promozione sociale e capace di costruire relazioni cooperative fra le persone. Sono proprio la varietà, la trasversalità e la fecondità delle relazioni la vera ricchezza di una società avanzata; il tasso di comunicazione, di interrelazione, di integrazione finisce per diventare un indicatore più attendibile del PIL dello stato di una collettività (e delle comunità che ne fanno parte). Insieme a questo l’istruzione, la libertà, la consapevolezza che i diritti non esistono senza doveri e chela responsabilità, individuale e sociale, è davvero “affare di tutti”.
Al crescere delle disuguaglianze, dell’emarginazione, dello scollamento e della marginalizzazione del diverso non bastano risposte solidaristiche che mirano a tamponarne gli effetti più disastrosi. Occorre contrapporre una nuovo modello di società, capace di non generare “rifiuti” e di valorizzare le capacità e le potenzialità di tutti, alla ricerca dell’armonia fra le sue parti.

Il metodo
In Piemonte, come peraltro in tutto il nostro paese, il tessuto di esperienze e di spinte alla partecipazione può trovare un luogo di confronto e di organizzazione (non ancora una casa comune, al massimo un campeggio) attraverso la partecipazione a una struttura politica innovativa ma già sperimentata, quella della federazione di persone, gruppi, liste, comitati, tutti uniti intorno a un manifesto programma.
Possiamo da subito costruire una struttura reticolare, dunque orizzontale, alla quale possono essere rincondotte e riconosciute alcuni compiti esclusivi:
- Raccolte di adesioni intorno a un manifesto di valori da stendere con la collaborazione di tutti.
- Costruzione di strumenti di conoscenza prima e di elaborazione politica poi, a disposizione di tutti coloro che decidono di avvalersene.
- Realizzazione di mezzi per la diffusione (giornali, bollettini, blog.portali…) anche utilizzando quelli già esistenti e disponibili.
- Elezione di strutture di coordinamento che sviluppino l’orizzontalità e la caratteristica di rete, garantendo trasparenza nelle azioni, rotazioni negli incarichi, organismi di garanzia.
- Coordinamento con esperienze analoghe che dovessero costituirsi in altre regioni d’Italia.

Infine
Nel nostro mondo non mancano le elaborazioni politiche (testimonianza di una grande vivacità culturale) a cui rimandiamo per approfondimenti e ragionamenti più sofisticati e specifici. Non mancano neppure le conoscenze, le capacità, le professionalità e neppure le energie necessarie a dare corpo al progetto.
Resta solo più la voglia di ribadire che il tentativo che si vuole proporre non è un salto nel vuoto. Si tratta di dare dignità, speranza e tante belle gambe, a idee oramai pronte anche da noi a diventare programma politico, nuova cultura, speranza, buone ragioni per mettersi in piazza a costuire il futuro.

Torino-9 luglio :gli ecologisti piemontesi verso la Casa comune


INVITO

UNA CASA COMUNE PER LA COSTITUENTE DEGLI ECOLOGISTI PIEMONTESI ?

Cara amica, caro amico

non vogliamo proporti una riflessione intorno allo stato del nostro paese, per convincerti che c’è bisogno di ecologia (dell’ambiente, dell’economia, della politica, delle relazioni personali, dell’educazione, del lavoro…), probabilmente ne sei consapevoli quanto noi.

Questa consapevolezza è poi accentuata da due semplici inoppugnabili considerazioni :

- In Europa ed ormai anche in molte altre parti del pianeta il bisogno di ecologia ha trovato importanti, popolari ed efficaci forme di rappresentanza politica che stanno cambiando il modo di leggere la realtà e le priorità, politiche, programmatiche ed esistenziali. Finché si è trattato di fuochi di paglia è stato semplice minimizzare gli exploit elettorali dei partiti ecologisti sotto la voce “voto di protesta”, ma da almeno tre anni le cose hanno preso una piega nuova. Ormai è chiaro che in tutta Europa il bisogno di ecologia è diventata una delle priorità di molte persone e di gruppi sociali consistenti, tutti convinti che quella ecologica sia la lettura giusta per costruire la società del futuro.

- In Italia il diffuso disagio sociale e politico cerca sfogo, ora nelle liste civiche, ora in movimenti come quello di Grillo, ora rifugiandosi nell’astensionismo e nella negazione della partecipazione diretta alla vita politica a favore, magari, di un intenso impegno di volontariato sociale. In questi anni si è venuto creando un mondo – qualcuno lo definisce arcipelago – ricco di partecipazione, di esperienze importanti, e capace di aggregare i cittadini attivi intorno a battaglie e campagne di facile presa, a volte di momentaneo successo. Non ha alcuna forma di rappresentanza politica, se non episodica e casuale, e rischia di disperdere forze e potenzialità che potrebbero davvero essere ben finalizzate al cambiamento ecologico del nostro paese. In Italia il partito dei Verdi - naturale storico candidato a rappresentare il bisogno di ecologia – ha fallito per errori propri, di assuefazione al sistema politico e per azioni volute dall’esterno. Nel mentre il paese va sempre più in direzione opposta a quella da noi sperata.

Da molto tempo andiamo dicendo in tutte le sedi che anche in Italia occorre lavorare alla costruzione di un polo unitario che assuma l’ecologia, in senso ampio ben al di là dell’ambientalismo, come centro del suo agire, del suo organizzarsi, del suo programmare l’attività politica e culturale, intrecciandola con le tante aspirazioni al rinnovamento che puntualmente sono andate deluse in questi anni.

Noi, firmatari di questa lettera, crediamo che si debba partire dal basso – diremmo dal “territorio”, se non fosse che non riusciamo neanche più a vederlo coperto com’è di cemento e asfalto – chiamando a raccolta le tante belle esperienze che possono davvero costituire il motore per cambiare la politica e con questa il paese. Ti proponiamo di partire dalla nostra regione e ti invitiamo a un seminario di discussione, decisione e organizzazione che prepari il terreno per quello che insieme saremo capaci di costruire. L’incontro non è un’assemblea pubblica anche se è aperto; sono stati invitate circa 100 persone di circa 100 diversi gruppi, comitati, organizzazioni da tutto il Piemonte.

A questa lettera di invito seguirà, a ridosso dell’incontro, l’invio di un documento più ampio. Nel caso non tutti possano intervenire e parlare, data l’importanza storica dell’appuntamento, che cercheremo di registrare, è prevista la possibilità di proseguire l’incontro e renderlo operativo in una seconda parte entro la metà di luglio. Ti aspettiamo….

VENERDI’ 9 LUGLIO ore 17,30 - 23 CAFFE’ BASAGLIA via Mantova 34 Torino

( senza interrompere è prevista la possibilità di spuntino verso ore 20-20,30 sul posto )

Anna Andorno ( del Movimento Valledora )

Bruno Bonino ( di Officina Città Futura – San Mauro )

Orazio Di Mauro ( di Associaz. Ecologista Sostenibilità )

Gisella Fossat (del Circolo ecologista di Pinerolo)

Marco Francone ( di LAV )

Giovanni Lava ( di Punto di Vista – Collegno)

Massimo Marino ( di GRUPPO CINQUE TERRE )

Odilia Negro ( di associazione TRAME Carignano )

Paolo Pallavidino (di Coscienze in Rete-Una rete d’amore )

Marinella Robba ( di Pelo&Contropelo/ Eco-animali )

Mariano Turigliatto ( di Movimento CIVICA Piemonte )

Luisella Zanino ( di TORINO VIVA )

( raccolta di altre adesioni in corso.. )

5 luglio 2010

Allarme Milano-Speranza Milano e GCT diventano amici


http://www.allarmemilano-speranzamilano.it/

Allarme Milano-Speranza Milano e Gruppo Cinque Terre diventano amici