6 dicembre 2017

Elezioni: dopo il voto nulla sarà come prima


di Massimo Marino

Ad un anno esatto dal referendum costituzionale che, con il  successo del NO, ha bloccato il tentativo di rottamazione di parti vitali della Costituzione (e indirettamente l’Italicum) e a 24 ore dall’assemblea romana di ieri in cui sarebbe nato qualcosa di nuovo a sinistra è difficile trovare o sostenere commenti entusiasti e neppure auspici di un futuro radioso. I commenti sono perlopiù desolanti e alcuni, quando espressi con sincerità, desolati. Ma resta da comprendere perché siamo a questo punto e perché la strada del cambiamento in quest’area, ma anche per chi dà un qualche credito e qualche chance al M5Stelle, si è fatta nell’ultimo anno ancora più stretta.

Lorenza Carlassare (costituzionalista per il NO, di Libertà e Giustizia): "Il 4 dicembre abbiamo ottenuto una vittoria schiacciante. Ma ha prodotto un effetto molto modesto sul sistema politico. Naturalmente abbiamo evitato guai peggiori, eppure dietro quei tantissimi “No” al referendum costituzionale c’erano delle richieste che sono andate deluse. Non c’è stato il cambiamento che era lecito sperare. Se devo cercare le ragioni di questa delusione non posso che partire dal ruolo di Renzi ".

Antonio Floridia (Ricercatore su Sistemi elettorali e Partecipazione ): “A un anno dal referendum che ha affossato anche la legge elettorale, l’Italicum, che della riforma costituzionale renziana era il naturale complemento, ci ritroviamo con un nuovo sistema elettorale, di cui si è detto e si dovrà continuare a dire tutto il male possibile. Tutto inutile, dunque? La vittoria del “No” non ha lasciato alcun segno? .. Lungi dall’essere una sciagura, il ritorno a un sistema limpidamente proporzionale – con una soglia di sbarramento non aggirabile al 4 o al 5 per cento – potrebbe rappresentare il solo terreno su cui almeno provare a invertire un radicale processo di delegittimazione delle istituzioni democratiche “

Aldo Giannuli (storico, ricercatore e blogger): “ Cosa sta succedendo sul palcoscenico della politica italiana? Niente. Per carità, non manca il trambusto ed anzi ce ne è troppo: frenetici cambi di casacca, nuovi-vecchi partiti che si riciclano, promesse elettorali a spam, colpi di scena e frettolosi abbandoni della barca che affonda, ma nulla che abbia un senso o qualche valore politico...”

Loris Caruso (Ricercatore all’Università di Milano e Torino su Il Manifesto):” Lo spettacolo di sé che la sinistra italiana sta dando in questi mesi impone una riflessione.. Da dieci anni la sinistra italiana non fa altro che provare a ricostruirsi sul terreno elettorale. Senza riuscirci. Anzi, andando incontro ad avvitamenti sempre più paradossali. Dalle forze che hanno governato con Prodi non è mai potuto nascere un nuovo progetto politico...”

Guido Viale (ecologista, economista, su Pangea):” per me il concetto di ‘sinistra’ non si può più riabilitare. Molto semplicemente, non ha più alcun senso. La stessa sterile battaglia che si fa per capire quanto a sinistra o a centro-sinistra, con il trattino o senza, sia un partito o l’altro, denota il vuoto totale dei temi sui quali ci si dovrebbe confrontare. Io ho partecipato come promotore a tre esperimenti falliti: ‘Alba’, ‘Cambiare si può’ e ‘L’altra Europa con Tsipras’. In tutti e tre i tentativi, dove, nonostante le ripetute insistenze, non c’era la parola ‘sinistra’, si è cercato di misurarsi su cose da fare .. vedo che la battaglia, tra D’Alema, Bersani, Civati, è ancora sul misurare il grado di ‘sinistra’ che ciascuno ha nel sangue.”
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Proviamo però ad approfondire un po’ andando oltre un condivisibile pessimismo.

Il referendum del 4 dicembre scorso (è bene ricordare, non promosso da alcuno ma di fatto reso obbligatorio dalle regole costituzionali) ha prodotto un inaspettato sussulto emerso dal profondo del paese che, come nel 2011, ha visto la importante fusione  di aspettative, richieste e proteste di quella parte probabilmente maggioritaria dellla società italiana che normalmente nessuno (movimento, partito o coalizione, neppure i 5stelle)  è in grado neanche lontanamente di rappresentare stabilmente: la difesa della Costituzione, il rigetto del renzismo, il rifiuto della precarietà sociale proposta come modello normale per il paese, per un momento uniti in un unica espressione di voto.

I sostenitori organizzati del NO in realtà provenivano in gran parte da una serie numerosa e prolungata di clamorose sconfitte e trasformismi, che ne avevano ripetutamente mostrato l’inadeguatezza per proporre un percorso credibile di cambiamento. Malgrado che  il vecchio sistema dei partiti andasse lentamente a pezzi fra subordinazione ai potenti, corruzione e clientelismo era fallita fra ambiguità e divisioni la cosiddetta primavera dei 12 referendum, compreso quello delle Regioni contro le trivelle.

Tutta la problematica ambientale era stata già  da anni archiviata senza rilevanti movimenti di opposizione in grado di vincere ( su inceneritori, tav, declino delle rinnovabili negli ultimi tre anni, inversione di tendenza delle emissioni, in aumento, malgrado COP 21, ripresa del mercato dell’auto invece della espansione della mobilità collettiva svuotata di risorse, preoccupante stallo del recupero e riciclo dei materiali in moltissimi comuni.. ). Fallimenti ripetuti , dopo anni di annunci, dei progetti di  far nascere dal basso una nuova ipotesi di alternativa radicale unita e larga, sia a sinistra sia nel campo ecologista. Una telenovelas per il momento chiusa con il solito cartello elettorale di MDP, Sinistra Italiana e Possibile nato ieri a Roma.
Un aggregato dell’ultima ora che ha scavalcato, lasciato fuori, o perduto non solo un bel numero di vecchi concorrenti ( da Pisapia a De Magistris per indicare gli estremi ),  ma soprattutto gran parte di quelli che potevano essere nuovi e un po’ più interessanti protagonisti. Che è unito in una analisi banalmente ostile a riguardo del M5Stelle invece di cercarlo come possibile compagno di strada.

Non è nato quindi al momento nessun partito nuovo, neanche una confederazione di soggetti diversi. Il programma verrà steso nelle prossime settimane (e ci sarà da ridere...). Il nome sembra essere quello annunciato da Grasso,  fino ad un mese fa esponente ed iscritto del PD. Quanto staranno insieme quei possibili 30 eletti dal giorno dopo il voto ? E per fare cosa, con chi? Non prendiamoli troppo sul serio. Nessuno si è sciolto in niente e il giorno dopo il voto si vedrà..

Certo si può fare anche peggio: la pazzia napoletana di presentare ancora un’altra lista o almeno darne l’illusione, come al solito fuori tempo massimo e quando l’ennesima occasione di aggregazione sostenibile è stata persa. La sinistra italiana è follemente innamorata (sempre non ricambiata) delle elezioni e non concepisce l’idea che si possano costruire progetti e grandi aggregazioni lontano dal voto, costruite in un giusto equilibrio fra la base militante, l’attenzione alla cultura politica richiesta, la necessaria espressione di una leadership e soprattutto l’aderenza ai bisogni sociali e ambientali della parte meno garantita del paese.

Il Rosatellum è l’ennesimo tentativo di impedire l’espressione di un sistema proporzionale con una adeguata soglia per rappresentare al meglio il voto espresso dagli elettori (il 3% di oggi è troppo basso, facilita il proliferare di liste costruite per l’occasione e disincentiva la spinta a costruire fusioni vere e stabili di forze simili e la nascita di partiti seri e duraturi). Le liste finte sono già state preannunciate dalla nascita negli ultimi mesi di 5-6 gruppi parlamentari nuovi i quali avranno titolo a presentare le liste senza raccolta di firme né per la Camera né per il Senato. I collegi uninominali con la possibilità di coalizioni (che il giorno dopo il voto possono dissolversi in un baleno) sono un vero e proprio imbroglio per l’elettore, che vota il rappresentante di una coalizione nel suo collegio senza sapere che un minuto dopo la chiusura dei seggi quella coalizione di fatto potrebbe non avere più alcuna consistenza.

Il meccanismo è stato costruito con precisione in funzione anti M5S ma è comunque molto efficace per la raccolta clientelare dei voti e per favorire i vari tipi di fenomeni corruttivi in ambito locale. Singolare che si sia posta invece l’attenzione prevalente sul problema delle preferenze e delle cosiddette liste bloccate. Questione irrilevante e per giunta discutibile. Quale differenza fa votare il nome scelto dal partito o sceglierlo fra i tre o quattro presentati dallo stesso partito ?

L’enigma tripolare
In un sistema momentaneamente tripolare basato su un apparente equilibrio di forze, con in aggiunta la inconsapevole quinta colonna dell’astensionismo garante della stabilità del sistema attuale, non ci sono soluzioni possibili se non si trovano antidoti alla frammentazione sociale che non dà a nessuno un vero mandato per una profonda riforma ( bella o brutta che sia) della società italiana.
Le elezione del prossimo marzo chiudono un epoca storica di 25 anni.
Dopo il voto nulla sarà più, per necessità, come prima.

Che si passi per una nuova coalizione fra centro-destra e centrosinistra (con le probabili perdite di pezzi al loro interno) o che si assista al problematico tentativo di formare un governo da parte del M5Stelle, è molto alta la probabilità di tornare al voto in tempi brevi e riaprire quindi il tema delle regole elettorali ( se non lo farà la Consulta). 

 E’ mia opinione che un sistema tripolare tende rapidamente ad essere sostituito da uno sgradevolissimo bipolarismo imposto (del resto in crisi in tutto il mondo). In questo caso la volontà degli elettori di fatto evapora.
Oppure  - più difficilmente - il bipolarismo può essere superato da un  equilibrato e  più auspicabile pluralismo  in cui l’idea di società futura che si propone  ed il rapporto con i vari settori sociali del paese, possano ritornare al centro del confronto politico detto democratico.

Torino , 4 dicembre 2017

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