10 ottobre 2016

Riforme democratiche o revisione autoritaria ?



Parte seconda: E’ possibile riformare le regole della politica italiana ? 

 di Massimo Marino

 Prima di chiederci se è possibile riformare le regole della politica italiana e in quale direzione è bene chiederci: E’ davvero necessario? Perché ?
La modifica proposta di un terzo degli articoli della Costituzione, in particolare quello che riguarda il ruolo degli elettori e degli organismi rappresentativi, è una riforma utile al paese o una revisione delle regole imposta da una minoranza che ritiene necessario fuoriuscire dall’attuale sistema democratico di rappresentanza nato con la Costituzione ?  La revisione nel suo insieme proposta ( Senato non più eletto dai cittadini, Camera controllata da una minoranza con l’Italicum, competenze svuotate delle Regioni, Province evanescenti, Comuni alla fame), è tecnicamente in grado di permettere l’istituzionalizzazione di un sistema autoritario. La somiglianza con le proposte della P2 di Gelli degli anni ’80 ( il cosiddetto Piano di rinascita nazionale ) è impressionante. Si propongono regole elettorali oligarchiche paragonabili a quella dell’epoca fascista con la legge Acerbo e alla proposta fallita  De Gasperi-Tambroni degli anni ’50 respinta dal paese dopo dure proteste di piazza. E’ utile riformare alcuni aspetti della Costituzione ma soprattutto le regole elettorali e istituzionali che negli anni ne hanno distorto le parti più nobili, più semplici e comprensibili. Fare tutto il contrario del renzismo, ultima versione dei tanti revisori ( non riformatori) degli ultimi 20 anni che non ne hanno combinata una giusta.
E’ inutile però nascondere che non esiste un dibattito vero e allargato su un percorso riformatore da opporre al renzismo e nella prima parte di questo intervento si è indicato come sono falliti i modesti e maldestri tentativi di avviarlo. Fra i fautori del NO al referendum e i critici dell’Italicum c’è di tutto, compresi vari pericolosi guastatori ( di destra e di sinistra) le cui confuse idee se attuate peggiorerebbero la situazione. Se dovessimo vincere il referendum e respingere la revisione renzista e si confermasse per l’Italicum l’incostituzionalità del Porcellum ci potremmo trovare nella paradossale situazione di non avere proposte. Urge quindi avere delle idee, avere sedi di dibattito serio, riportare democrazia e partecipazione al centro della scena. Insomma: grande unità, grande partecipazione, serrato dibattito. Altrimenti stiamo semplicemente diffondendo illusioni.  

1 IL PREMIO

Nella Costituzione non c’è traccia di premi che rendono maggioranza una minoranza, né di ballottaggi, né di voti disgiunti, né di elezioni di secondo grado, né di elezione diretta di sindaci o governatori. Si lasciava alle leggi ordinarie la definizione precisa dei sistemi elettorali scontando di fatto che il sistema di riferimento prevalente fosse quello proporzionale (tanti voti, tanti seggi), non escludendo però esplicitamente possibili varianti. Non c’è dubbio che si tratta di uno dei punti più deboli dell’intero testo del 1948. Dall’inizio degli anni’90 si è avviato un progressivo stravolgimento del sistema elettorale. In Italia siamo così arrivati a più di dieci diversi sistemi. La quasi totalità degli italiani, sicuramente più del 99%, non è più in grado quindi di spiegare minimamente quali siano le diverse regole elettorali per il Parlamento europeo, per la Camera, per il Senato, per le Regioni ( quelle ordinarie e quelle “speciali”), per le Province ( vecchie e nuove), per le Città metropolitane, per i Comuni (grandi e piccoli ) le Circoscrizioni o Municipi; perché sono tutte irresponsabilmente diverse fra loro. Regole diverse che possono produrre risultati elettorali diversi, a volte anche opposti.
In aggiunta negli ultimi anni è stata data la facoltà alle singole Regioni ( per un malinteso federalismo ma in realtà per un accordo non dichiarato fra i principali partiti ) di modificare in qualunque momento il proprio sistema elettorale. Abbiamo così 20 diversi sistemi elettorali per le Regioni. La maggioranza PD-UDC alla Regione Sicilia sfacciatamente ha addirittura modificato in questi giorni le regole elettorali per il Comune di Palermo ( avendone facoltà come Regione a statuto speciale ), dove è previsto il voto nella primavera del 2017, in funzione, presunta, anti M5Stelle. Seguito in autunno dal voto regionale. E guarda caso poiché l’UDC nazionale ( si, esiste ancora.. ) si è timidamente dichiarata per il NO quella locale ha cambiato nome dopo il patto di ferro stretto con il PD renziano locale.
Qualunque forma di premio comporta l’annullamento di una parte dei voti espressi a favore di qualcun altro.
Prima riforma: Cancellare i premi di maggioranza in qualunque forma, tendere a semplificare e unificare i diversi sistemi elettorali in modo che risultino comprensibili a tutti. 


2 IL PROPORZIONALE E LA SOGLIA

Andiamo alle origini. La composizione della Assemblea Costituente del 1948 ( quella dove si approvò l’attuale Costituzione ) venne eletta con un rapporto fra voti e seggi ottenuti di tipo proporzionale ma nella versione di  di proporzionale puro senza una soglia minima, per cui anche con meno dell’ 1% si ottennero dei seggi. In conseguenza del criterio usato, definito nel 1946, con il voto di 23 milioni di italiani ben 16 liste ottennero dei seggi, di queste ben 8 con meno dell’1% (l’ultima lista ottenne l’ultimo dei 556 seggi con lo 0,09%). Se si fosse posta una soglia, ad esempio al 5%, avrebbero ottenuto dei seggi probabilmente non più di 6 partiti. Quindi furono sedici i partiti che scrissero e votarono la Costituzione. In quello specifico frangente non era per nulla rilevante il criterio di definizione degli eletti ma nelle successive assemblee parlamentari sarebbe stato indispensabile. Quel sistema andò quindi avanti specie per Camere e Comuni, poi dal 1979 anche per le nascenti Regioni, fino ai primi anni ’90. Il tema della governabilità divenne sempre più rilevante, spesso in modo strumentale ma singolarmente pochi indicarono seriamente la semplice introduzione di una soglia per ridurre la frammentazione.

Al giorno d’oggi pressoché nessuno considera che il proporzionale puro ed il proporzionale con una soglia di un qualche peso (almeno 5%) non sono due sistemi simili ma, per le conseguenze che hanno, due sistemi   di fatto opposti. Il proporzionale puro ( o con una minima soglia dell’1-2%) favorisce la nascita e il permanere di minuscoli micropartiti e listarelle ( veri o inventati sul momento da quelli maggiori) che, anche se marginali o addirittura inesistenti  nella società e nel territorio, possono ottenere qualche eletto, risorse, presenza nelle sedi istituzionali e nei media. Ottenendo in alcuni frangenti un ruolo sovrastimato (che può diventare però ricattatorio) nel garantire (o far saltare) le maggioranze necessarie per governare, ma anche diventando facilmente permeabili a gruppi o finalità illegali o corruttive. Di fatto i micropoartiti, che difficilmente arrivano al 3-4%, impediscono la nascita di movimenti politici anche di limitata ma solida dimensione, basati su un vero programma e processo di aggregazione. Che oggi in Italia non esista di fatto un vero partito di sinistra né un vero movimento politico di tipo ecologista, sostituiti da penosi surrogati o frammenti divisi e irrilevanti, i cui leader saldamente si oppongono alla nascita di nuovi partiti veri e aggreganti, è una delle conseguenze dei sistemi elettorali sempre più indecenti che sono emersi, anche legittimati per via referendaria, dalla prima metà degli anni ’90. All’epoca, in piena crisi politica e morale, l’esplosione di Mani pulite portò a 1300 condanne o patteggiamenti nel biennio 1991-92, con il coinvolgimento in Tangentopoli di tutti i partiti più rilevanti. Le elezioni politiche dell’aprile ’92 e quelle locali dell’autunno successivo videro il tracollo dei vecchi partiti con l’esclusivo successo della nascente Lega Nord al nord e della Rete di Leoluca Orlando al sud. L’anno successivo il Partito socialista era virtualmente dissolto. Fu allora che prese corpo la sciagurata proposta referendaria di Segni (destra DC) e Pannella a favore dell’introduzione di un sistema di tipo maggioritario che forzando la formazione di un sistema bipolare avrebbe dovuto, misteriosamente, risolvere tutti i problemi del paese. In una grande confusione di ben otto quesiti referendari sui più diversi temi, dalla droga alle ASL, dalla Cassa di Risparmio alle Partecipazioni statali , dal finanziamento pubblico al Turismo, tutti accolti con il 77% dei votanti, si arrivò all’approvazione anche del referendum sul Senato che di fatto avrebbe prodotto un sistema uninominale di collegio a turno unico dove il candidato che prendeva un voto in più vinceva e tutti gli altri voti sparivano. Su queste basi pochi mesi dopo il sistema proporzionale dopo più di 40 anni veniva sostituito dal mattarellum , con il quale i tre quarti degli eletti si definivano con il maggioritario uninominale e solo  per un quarto con un proporzionale viziato dal tortuoso meccanismo dello scorporo. Era la base su cui progressivamente si sarebbe sviluppato un bipolarismo imposto con dietro una celata propensione al bipartitismo, che lascerebbe solo due partiti sulla scena. Nei fatti fu la salvezza dei grandi partiti corrotti che cambiando nome e qualche faccia sopravvissero più forti.  Solo più tardi si percepì che si rafforzò anche la loro vocazione corruttiva. Appellandosi alla giusta critica degli eccessi del proporzionalismo puro e usando il tema della governabilità si costruì, in uno schema rigidamente bipolare, un granitico sistema di partiti e partitini, che hanno dominato la scena per venti anni, dissanguando e divorando il paese mentre si chiedeva agli elettori di scegliere fra i poli della libertà e le alleanze progressiste e uliviste. Qualunque autonomia dai due poli risultava impossibile, un po’ alla volta scompariva del tutto qualunque riferimento a obiettivi, programmi e progetti di società, sostituiti da gruppi di interesse, cambi di casacca alla bisogna, un continuo lievitare dei costi della politica e dei politici.
Nel 2006 con il secondo governo Berlusconi  il centrodestra votava il Porcellum ( L.270 del 31-12-2005) con il quale si superava i collegi uninominali e si dava il 55% dei seggi alla Camera ( 340) alla coalizione che aveva preso un voto in più. Pochi si resero conto che questo sistema di premio cancellava di fatto il voto di vari milioni di elettori ( 4-5 milioni) che veniva eliso e “girato” alla principale coalizione antagonista. Solo otto anni dopo la Corte Costituzionale dichiarava incostituzionale il Porcellum che aveva nel 2013 regalato almeno un centinaio di eletti in più al PD. Mentre nel Senato, con il premio spalmato nei 20 collegi regionali non c’era il vincitore unico. Nessuno immaginò nel 2013 che con l’Italicum, in coppia con la revisione del Senato sottratto al voto degli elettori, si potesse ulteriormente tentare di peggiorare il sistema della rappresentanza e demolire la nostra Costituzione.

La soglia al 5% avrebbe invece stabilizzato senza stravolgimenti costituzionali il sistema politico, con pochi gruppi ma rappresentativi. In poco tempo sarebbero spariti gran parte di partitini e finte liste civiche più o meno inventate a supporto dei due poli tradizionali. La governabilità, su più serie basi programmatiche e non sui cambi di casacca, si sarebbe garantita.
Ancora oggi la conversione può essere fatta e può allargarsi a tutti i livelli elettorali (Regioni, Province , Comuni ) e tendere ad un unico tipo di regola elettorale a tutti i livelli, come sarebbe peraltro logico.. In poco tempo nascerebbero movimenti politici più credibili e seri. Di certo a sinistra, ma anche in campo ecologista e probabilmente anche in campo conservatore. Le forme della rappresentanza delegata risulterebbero più chiare e comprensibili a tutti.  Si riparlerebbe di programmi e impegni precisi e gli elettori sarebbero più in grado di farsi un’idea delle differenti opzioni e delle differenze fra un numero contenuto e stabile di soggetti. Si ridurrebbe il ridicolo effetto dell’impatto mediatico dei singoli leader in TV e si parlerebbe di più di cose serie.
Seconda riforma: Arrivare ad un sistema elettorale più omogeneo a tutti i livelli , proporzionale con una soglia atta a garantire stabilità, compreso dagli elettori e rispettando quindi la rappresentatività del voto.


3 IL BICAMERALISMO

La nuova caricatura di Senato, sottoposta a referendum non avendo raggiunto i due terzi di adesioni in Parlamento, è giustificata da due slogan: si riducono significativamente i costi della politica, ( anzi “i politici”, twittano  Renzi e amici nei propri spot elettorali ), e si aumenta l’efficienza dei lavori parlamentari  eliminando il ping pong fra una Camera e l’altra che renderebbe poco efficienti le Camere.

Si tratta di battute, efficaci per twittare sui media e fascinose per chi segue distrattamente, ma hanno scarsa consistenza.
La prima è solo una furbata del populismo destrorso di Renzi. Per il nuovo Senato si stima in 50-100 milioni il risparmio annuo ( il rifiuto di unire referendum e amministrative di maggio nel 2016 è costato di più) . Cifre di scarso peso, comunque raggiungibili con alcuni tagli nelle due Camere ed una riduzione moderata dei loro membri.
La seconda invece è totalmente falsa. La doppia lettura delle leggi prevista dalla Costituzione, solo in pochissimi casi non basta e porta al ping pong. Che è dovuto ai diversi gruppi d’interesse interni ai partiti, non al bicameralismo completo. Comunque nell’ultima legislatura (XVIa) i disegni di legge approvati con sole due letture sono stati 301 su 391. Solo 90 hanno richiesto più di due letture: cioè tre per 75 testi, quattro per 12, più di quattro letture per 3 testi. In quanto alla produttività delle Camere (che comunque in sé è una scemenza per gli allocchi perché quello che conta è l’efficacia e il contenuto, non il numero delle leggi) tutti i lavori pubblicati di recente dicono addirittura l’opposto: siamo i maggiori produttori di leggi in Europa negli ultimi 10 anni, anzi ne produciamo troppe. Altro discorso è la crisi della maggioranza al Senato specie dal 2015 che dipende dalle scelte oligarchiche del Governo che non è seguito neanche dall’intero proprio partito di riferimento.
Tuttavia possono essere fatte proposte riformatrici soddisfacenti senza i pasticci del nuovo Senato: nei rari casi presenti si può introdurre, dopo la eventuale terza lettura, una votazione definitiva delegata ad una Bicamerale nella quale venga rappresentato ogni gruppo presente alla Camera e al Senato.
Terza riforma: Si può ridurre gli attuali membri di Camera e Senato, ad esempio da 630 + 315 a 500 + 250. Si può definire una Bicamerale di legislatura di 75membri con funzione legiferante dopo la terza lettura.  O una Bicamerale plenaria in casi particolarmente importanti da definire.

4 CAMBIARE CASACCA E’ LIBERTA’ ?        

Negli ultimi anni malgrado l’accentuarsi delle critiche “anticasta” e in particolare quelle contro i veri e propri “acquisti “ fra gli eletti in Parlamento ed in altri livelli di rilievo negli enti locali, per non parlare di inquisiti e condannati, i fenomeni degenerativi nei partiti sembrano essersi accentuati. A fine settembre scorso circa 250 su 1000 parlamentari della corrente XVIIa legislatura avevano cambiato casacca. Ben 325 cambi perché parecchi lo hanno fatto più di una volta. E’ diventato normale cambiare anche nome, simbolo, alleanze dei gruppi durante lo svolgersi della legislatura. Non parliamo nemmeno di obiettivi, impegni e programmi, abbandonati o capovolti. Tutto ciò non fa neanche più notizia, anzi si tende a lasciare tutto in ombra.

Indimenticabile l’avvio di questa legislatura dove ( con il porcellum) dopo un’alleanza elettorale di centrosinistra di PD e SEL ( che secondo le regole del porcellum ne hanno tratto vantaggio in termini di seggi) a seguito dello stravagante diverso meccanismo fra Camera e Senato, vera follia italiota,  si è formato un governo PD con il centrodestra ( larghe intese PD-PDL) affidato a Letta dopo l’insuccesso di Bersani. Poi dopo 10 mesi Napolitano ha affidato il governo a Renzi , prima volta di un capo del governo non eletto, a parte alcuni governi “tecnici”. In realtà dietro molti cambi di casacche e alleanze ci sono comitati di affari di gran peso oltre agli appetiti trasformisti di tanti eletti. Un malinteso giustificarsi appellandosi al costituzionale “rispondere solo ai propri elettori “ giustamente messo in discussione negli ultimi anni da Grillo,  quasi sempre rende priva di alcuna conseguenza questa vocazione trasformista o corruttiva alla quale si aggiunge la facilità con cui possono essere costituiti nuovi gruppi nelle Assemblee elettive ( bastano 20 membri su 630 alla Camera, 10 su 315 al Senato ). Che vuol dire Capogruppo, rappresentanti nelle Commissioni e risorse di segreteria. Il caso Verdini e il suo gruppo Ala fanno scuola. Insomma gli elettori votano un candidato, un simbolo, un partito, un programma, una alleanza, ma nessun eletto è tenuto a rispettare dal giorno dopo il voto i propri impegni. In Europa e non solo siamo un caso unico in questo desolante degrado. Se non è possibile impedire le conversioni improvvise sulla via di Damasco di tanti eletti si può attuare alcuni punti di Regolamento per scoraggiare questo fenomeno che non andrebbe tollerato affatto. Ad esempio con due facili interventi: dimezzare l’indennità ai singoli che abbandonano il gruppo nel quale gli elettori lo hanno votato e dimezzare i contributi ai gruppi che cambiano nome e simbolo fino al termine della legislatura. Nel caso invece di nuovi gruppi si può alzare al 5% del totale il numero di adesioni necessarie per evitare il gruppo misto e costituire un nuovo gruppo ( nel caso proposto sopra 25 membri  su 500 per la Camera e 13 su 250 per il Senato ).
Quarta riforma: Vanno promosse azioni e regole che disincentivino il cambio di collocazione, nome, coalizione rispetto a quanto promesso agli elettori al momento del voto. Va aumentato il numero di adesioni necessarie per la formazione di un nuovo gruppo durante il corso della legislatura ( in Parlamento e nelle elezioni amministrative e regionali ) 

5  PARTITO DELLA NAZIONE, TRIPLI INCARICHI, VOTO DISGIUNTO, CANDIDATURE MULTIPLE... MA CHE ROBA E’ ?

Ci stiamo abituando a tutto, molti si sono già abituati. Quella parte del paese che non ha le risorse per la vita quotidiana non ha tempo, ne voglia, né capacità per comprendere “come siamo finiti così in basso.” E miseramente, immaginando di punire chissà chi, consolida un sistema malato astenendosi dal voto e da tutto. Nella generale indifferenza, e con la silenziosa soddisfazione di alcuni, stiamo passando dal suffragio universale al suffragio selettivo. La metà degli elettori italiani tende ad astenersi dal voto.   
Abbiamo inventato le candidature per gli allocchi. Il candidato a leader di turno può candidarsi in più collegi elettorali dove mai (tranne uno se gli va bene) potrà essere eletto, decidendo dopo il voto a chi concedere eventualmente il posto. Con l’Italicum, anche se in odore di incostituzionalità, si indica fino a dieci (!) i collegi dove si può presentare lo stesso Capolista che è comunque bloccato e non votabile. Ma è niente rispetto alle candidature ripetute a diversi livelli (europeo, italiano, regionale, comunale) dove a priori sarebbe nota l’incompatibilità (con i continui tentativi di bypassare il divieto). Nella pratica l’elettore non è al corrente se quel candidato davvero è intenzionato a restare in quella carica e per quanto tempo, se eletto. Esiste infatti il metodo del salto della quaglia: si sta in Regione per un po’ fino a quando si salta in Parlamento, poi ci si dimette per saltare all’altro seggio in Europa e così via da capo. Infine abbiamo inventato per i Comuni, e se del caso per le Regioni, la possibilità del voto disgiunto (voto un sindaco di una coalizione ma una lista, con le sue possibili preferenze individuali, di un'altra coalizione). Un meccanismo assurdo, le cui spiegazioni sono più incomprensibili dell’infinità dello spazio, che crea confusione, espone a possibili forme di controllo dei voti, slega candidato, liste, programmi trasformando tutto in un circo dove tutti i giochi di prestigio sono possibili. Questo insieme di regole farlocche rendono sempre più incomprensibile agli elettori il senso nobile della politica i cui meccanismi profondi risultano invece comprensibili solo ad un piccolo gruppo di professionisti. Esattamente il contrario dello spirito della nostra Costituzione scritta in modo che anche un analfabeta sia in grado di comprenderla. Ma con il premio al partito dell’Italicum ( versione di oggi ) nella più totale incomprensione si istituzionalizza il partito unico al potere e nessun contrappeso vero a chi lo gestisce o lo controlla. Con irresponsabile e pericolosa superficialità si arriva a parlare di Partito ( Unico per mandato elettorale )   della Nazione.    
Quinta riforma: Tutte le regole della democrazia rappresentativa devono essere chiare, comprensibili, dare e non togliere dignità alle Istituzioni. Devo capire quali sono gli effetti reali del mio voto: Via candidature ed incarichi multipli, via voto disgiunto. Il sistema di regole rappresentative deve garantire davvero il pluralismo e contrastare l’astensionismo.. 

6 L’ELECTION DAY E I REFERENDUM

Da circa 200 anni le elezioni presidenziali negli USA si svolgono ogni 4 anni il primo martedì di novembre. E’ una delle poche cose da invidiare al sistema elettorale americano. Anche in altri paesi si tende a fissare e comunque accorpare più livelli di voto nello stesso giorno. Nella tendenziale crisi di sfiducia che porta all’assenteismo elettorale lo spappolamento del voto in tutte le forme e in date diverse, a parte i costi, di certo peggiora la situazione. Si vota per gruppi diversi di Comuni in momenti diversi, in ordine sparso. Lo stesso per le Province ( vecchie e nuove) e per le Regioni. Difficilmente in Italia passano sei mesi dell’anno senza una tornata elettorale da qualche parte. Fra le cause lo scioglimento dei Comuni, più di 100 ogni anno, fra i quali quelli numerosi  commissariati per infiltrazione mafiosa secondo i criteri del T.U. Enti locali ( art. 141 e 143) per Comuni e Province. Si vota in tutte le stagioni, ogni voto in questo o quel quadrante del paese diventa un test per il voto successivo. Accuratamente si evita e si impedisce per legge che si possano accorpare eventuali scadenze referendarie con altre scadenze elettorali. Una serie di regole e consuetudini sbagliate e insensate che in modo più o meno involontario favoriscono l’assenteismo.

Un discorso a parte merita il voto referendario, per il quale sarebbe intanto necessario ridurre a non più di 4 -5  i quesiti perché gli elettori siano in grado di comprenderli realmente. Su 67 referendum abrogativi dal 1946 ad oggi 28 non hanno raggiunto il quorum specie negli ultimi 20 anni. I 4 del 2011 sono stati quasi una eccezione. L’ idea di abbassare il quorum da più parti proposta è peggiore del male e pericolosa perché impoverisce il significato di questo strumento considerato in qualche modo l’unico di democrazia diretta e suggerisce che non importa quanti votano, che va bene anche se si vota in pochi, anche su questioni importanti. Esattamente il contrario di quanto andrebbe sostenuto. E’ invece necessario definire per legge l’obbligo di affiancare i referendum alla più vicina tornata di voto prevista che potrebbe essere definita attraverso la formula dell’ election day annuale ( ad esempio nel sabato pomeriggio e domenica più vicini al 25 aprile di ogni anno ) . Unica data dell’anno consentita per il voto amministrativo o per quello delle Camere, applicando il commissariamento fino a quella data per gli Enti Locali  che vanno in crisi nei dodici mesi precedenti e facendo eccezione per le Elezioni europee facendole coincidere quando necessario con quelle degli altri paesi europei.
Sesta riforma: Istituire l’election day annuale, una data fissa nella quale concentrare progressivamente tutte le elezioni amministrative un anno e quelle politiche in un altro anno dedicato. Obbligo di accorpare qualunque voto referendario all’election day in arrivo limitando il numero di quesiti e mantenendo il quorum del 50+1 dei votanti.

Conclusioni : Qualunque sia l’esito del referendum di dicembre e in attesa di un pronunciamento della Corte Costituzionale sull’Italicum urge aprire una discussione oggi assente su un’ipotesi alternativa di riforma complessiva delle regole istituzionali che capovolga la deriva degli ultimi 20 anni, contrasti i tentativi di consolidare la vocazione oligarchica e neopopulista del renzismo, renda più comprensibili a tutti le regole della politica, salvaguardando e difendendo in modo intransigente tutti gli aspetti fondamentali della nostra Costituzione. Stiamo promuovendo o fronteggiando referendum, stiamo promuovendo tavoli per strada,  volantini e documentini. Tutto carino ma dietro c'è troppa vaghezza  di proposte e non possiamo permettercelo.  E’ un grande impegno, che non ammette deleghe a pochi e richiede tante forze attive che si confrontino.


Sintesi delle proposte:

1)            Ridurre il numero dei parlamentari a 500+250 .
2)            Mantenere il Senato elettivo introducendo una Bicamerale con poteri legislativi dopo la terza lettura
3)            Aumentare al 5% del totale i membri necessari per costituire un nuovo gruppo.
4)            Dimezzare le indennità o i contributi  a singoli che cambiano gruppo o gruppi che cambiano simbolo e /o
          denominazione.
5)            Unificare a tutti i livelli i diversi sistemi elettorali verso un unico sistema proporzionale con quorum al 5% 
          e turno unico  
6)            Abolire qualunque tipo di premio e di logica maggioritaria
7)            Escludere qualunque forma di potenziale doppio o triplo incarico elettivo attraverso la non candidabilità
8)            Eliminare la facoltà del voto disgiunto
9)            Istituire l’election day per le elezioni amministrative e regionali  ( almeno ogni due anni )  e quello per le  
          elezioni politiche.
10)         Per legge affiancare gli eventuali referendum al primo election day successivo e mantenere il quorum al 
          50+1%.

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