5 luglio 2016

ECOLETTERA 76 del Gruppo Cinque Terre





costruire la transizione: un nuovo ecologismo - democrazia - giustizia - nuovi lavori

Gruppo Cinque Terre                ECOLETTERA  76 – 1 luglio 2016

Editoriale 1: L’Accordo di Parigi non manterrà l’aumento delle temperature globali entro i 2 gradi

Secondo lo studio “Paris Agreement climate proposals need a boost to keep warming well below 2 °C” pubblicato su Nature da un team di ricercatori europei, sudafricani, brasiliani, cinesi ed australiani, guidato dagli scienziati dell’International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA) di Vienna, l’impegno dei singoli Paesi a ridurre le emissioni di gas serra dovrebbero essere rafforzate per limitare i futuri cambiamenti climatici ben al di sotto del limite dei 2° C compreso nell’Accordo di Parigi». Infatti lo studio evidenzia che gli impegni presi a Parigi nel dicembre 2015 porterebbero ad aumento della temperatura globale di 2,6 – 3,1° C  entro la fine del secolo e che la quantità carbonio che permetterebbe di limitare il riscaldamento globale mantenendosi al di sotto dei 2° C potrebbe essere emessa già entro il 2030. (da greenreport.it ) leggi

Editoriale 2: Il mondo del petrolio nel caos 

La situazione disperata dei Petro-Stati. Con un modello aziendale ormai superato, le economie basate sul petrolio si buttano verso l’ignoto. Fanno pena, poveri petro-stati. Un tempo erano così ricchi, grazie alle vendite di petrolio, che potevano finanziare guerre, mega-progetti, e simultaneamente programmi sociali a casa propria. E adesso sono afflitti da conflitti interni o si trovano sull’orlo del collasso, mentre il prezzo del petrolio rimane disastrosamente basso. A differenza di altri paesi, che finanziano i loro governi soprattutto con le tasse, i petro-stati possono far conto solo sulle rendite del petrolio e del gas naturale. La Russia, per esempio, ottiene circa il 50% degli introiti in questo modo; la Nigeria il 60%, e l’Arabia Saudita addirittura il 90%. Quando il prezzo del petrolio era di 100 o più dollari al barile questi paesi potevano finanziare progetti governativi sontuosi e offrire assistenza sociale, assicurandosi così un vasto sostegno popolare. Ora, con il petrolio sceso stabilmente a meno di 50$ al barile, si vedono costretti a contenere la spesa pubblica e a fronteggiare un crescente malcontento locale, che si può trasformare in aperta rivolta. Al picco delle loro fortune i petro-stati hanno giocato un ruolo esagerato negli affari mondiali. ( Michael T. Klare. Traduzione e adattamento di Elena Camino per il Centro Studi Sereno Regis) leggi

 
Editoriale 3: Referendum: Grazie a tutti/e… e adesso si conta!

Con il firma day del weekend scorso e la fine del mese di giugno si è chiusa la campagna di raccolta firme per i referendum sociali. Sono stati tre mesi intensi, che hanno visto una straordinaria partecipazione. Vogliamo dar voce ai cittadini sui temi più importanti per il presente e il futuro, vogliamo che siano loro a decidere quale scuola offrire ai propri figli, in quale ambiente farli vivere e quali servizi debbano essere sempre loro garantiti. Per questo motivo abbiamo creato una piattaforma di sindacati e movimenti che vogliono opporsi alla “cattiva scuola” del governo Renzi, ai piani di costruzione di nuovi inceneritori e alla possibilità di trivellare per terra e per mare non curanti della salute del nostro territorio, e alla volontà di rendere l’acqua e i beni comuni una merce da monetizzare. Tutto questo è stata la posta in palio di questi 90 giorni. Banchetti sotto la pioggia o un sole cocente, iniziative speciali, assemblee, incontri: molto è stato fatto e molto ci sarà ancora da fare. Perché adesso noi contiamo le firme, speranzosi di aver raggiunto l’obiettivo. Poi dovremo ricominciare, di nuovo. Perché la sfida non finisce qua.  29 giugno 2016 leggi

La rivoluzione futura e possibile

Del voto amministrativo quello che non sembrano avere colto opinionisti, istituti di ricerca, sondaggisti vari, è l’elemento di rivolta che si consolida e fa da filo conduttore di tutti gli appuntamenti degli ultimi 4 anni. Si conferma che ormai non esiste più una destra od una sinistra che si scontrano, ma che la popolazione è ormai divisa fra chi partecipa del governo a tutti i livelli (statali, parastatali, locali ..) e gode della solidità sociale ed economica conseguente e chi no e quindi paga economicamente, socialmente ed umanamente il privilegio di altri. Singolare che a Roma come a Torino l’unica zona dove ha prevalso il PD è quella ricca o benestante del Centro. L’attuale PD di Renzi ed ancora di più il Partito della Nazione progettato non sono altro che l’organica strutturazione di una cooperativa di interessi più o meno forti a mutua tutela ed argine nei confronti di chi è fuori del giro. Una grossa minoranza, spesso coesa ma sempre una minoranza. Ecco perché per il futuro necessitano di una riforma della Costituzione e dell’Italicum: con una elezione proporzionale non avrebbero mai la maggioranza. ( di Giovanni Chiambretto ) leggi

A quando l’Onda verde? Appello 

L’accordo di Parigi sul clima è già dimenticato. È giunta l’ora di promuovere azioni di disobbedienza (sit-in, occupazioni, blocchi ferroviari…) contro le trivellazioni, le centrali a carbone, le raffinerie… E le loro banche. Alex Zanotelli, missionario comboniano, da sempre nelle lotte dei movimenti di base – negli slum di Nairobi come a Scampìa, dove vive ora -, ha scritto questo appello in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente. Per adesioni: appelloclima@gmail.com.
Sono già trascorsi sei mesi dal vertice sul clima di Parigi (Cop21), nel quale i potenti del mondo si erano accordati di tenere la temperatura del pianeta sotto un grado e mezzo per evitare il disastro ecologico. L’accordo raggiunto era stato osannato come “l’accordo del secolo”. (Alex Zanotelli su comune-info.net  ) leggi

Il lato oscuro del carbone irrompe tra gli azionisti Enel 

Sono passate inosservate alcune parole di Francesco Starace, amministratore delegato dell’Enel, all’ultima assemblea degli azionisti, il 26 maggio a Roma. «Ci è noto che in passato ci sono state violazioni dei diritti umani» in una regione mineraria colombiana, ha detto: «Andremo di persone a verificare e se vedremo cose che non ci piacciono usciremo dalla Colombia». Importante: è un impegno annunciato in via ufficiale, agli azionisti (anche se pochi media l’hanno ripreso: forse non capivano di cosa stesse parlando). Starace stava parlando del Cesar, Colombia nord-occidentale, regione con catene montagnose e vallate agricole, e grandi miniere di carbone. Privatizzate alla fine degli anni ’80, le miniere sono in concessione alla compagnia Drummond (Usa) e a Prodeco (controllata da Glencore, compagnia anglo-svizzera). Il carbone estratto nel Cesar fa quasi metà della produzione colombiana, circa 80 milioni di tonnellate l’anno; trasportato ad alcuni porti sulla costa del Caribe, prende tutto la via dell’export. E in parte arriva in Italia, importato da Enel per alcune delle sue centrali elettriche. Starace stava rispondendo alle domande di un’azionista, per la precisione una rappresentante di Re:Common, là per segnalare che nella regione del Cesar sono avvenute violenze e abusi contro i lavoratori e la popolazione.. (Marina Forti su www.terraterraonline.org )  leggi

Comuni rinnovabili 2016: L’innovazione nei territori per un futuro energetico rinnovabile

   
Il mondo dell’energia sta cambiando velocemente, in Europa e nel mondo, con fenomeni nuovi e inaspettati, come la crescita esponenziale dell’energia pulita in paesi come quelli asiatici e del Centro America. In questo contesto, l’Italia è al centro del cambiamento: in 10 anni, infatti, la crescita delle fonti rinnovabili ha portato il contributo rispetto ai consumi dal 15 al 35,5%, grazie a un modello di produzione distribuito nel territorio con oltre 850mila impianti diffusi da Nord a Sud, dalle aree interne alle grandi città. In 2.660 Comuni l’energia elettrica pulita prodotta supera quella consumata. Sono 39 i Comuni “100% rinnovabili”, dove le energie pulite soddisfano tutti i consumi e riducono le bollette di cittadini e imprese Premiati i Comuni di Val di Vizze (BZ) e San Lorenzo Bellizzi (CS). E cinque parchi per la spinta alle rinnovabili nei territori. Legambiente: “I successi dei Comuni rinnovabili dimostrano che l’obiettivo 50% da rinnovabili è possibile. Ma occorre liberare l’autoproduzione e spingere l’innovazione nei progetti e nelle reti” (da legambiente.it )     leggi

Il mezzo corazzato più costoso al mondo? È italiano ed è il più scarso

Con due atti successivi, il governo italiano ha deliberato di acquistare 249 e poi 381 blindati (erroneamente definiti da molti giornali carri armati) Freccia, per un totale di 630 mezzi. Quanto ci costano? 6.8 milioni a blindato. Più di un teutonico Leopard II. 5.74 milioni di dollari. Più di un celeberrimo americano Abrams m1a2, da 6.2 a 4 milioni di dollari, o meno se comprato come “usato garantito” Piu di un avanzatissimo israeliano Merkava IV. 4.5 milioni di dollari Piu’ di un corazzatissimo inglese Challenger 2. 4.2 milioni di sterline. Sono i migliori mezzi blindati occidentali in circolazione, i più potenti e sofisticati, con i sistemi di offesa e difesa più costosi e complessi. Possono resistere a qualunque cosa o quasi Hanno cannoni precisissimi. Sistemi avanzatissimi di stabilizzazione del tiro, motori da 1500 cavalli, corazze stratificate e reattive, insomma stanno al Freccia come una Jaguar sta ad un pulmino Volkswagen. A questo punto, credo ci aspetteremmo una via di mezzo tra la macchina di Batman e l’astronave di capitan Harlock. Invece no. I veicoli in questione non sono in grado difendere i soldati che trasportano in caso di attacco con bazooka, missili spalleggiati o grossi calibri. Breve sintesi: L’Italia ha quindi deciso di dotarsi del più caro veicolo blindato del mondo e, probabilmente, di tutti i tempi e un ragazzino con un qualunque residuato bellico e’ in grado di bucarlo. ( da ilfattoquotidiano.it ) leggi

Spagna: Elezioni, chi ha vinto e chi ha perso 

Che cosa rimane delle nuove elezioni politiche di domenica, che hanno lasciato il paese ingovernabile quasi come prima.  Domenica 26 giugno si è votato in Spagna per rinnovare le due camere del Parlamento, sei mesi dopo le ultime elezioni che non avevano prodotto alcuna maggioranza. I risultati sono stati sorprendenti, se confrontati con i sondaggi pre-elettorali e con gli exit poll diffusi dai giornali spagnoli subito dopo la chiusura dei seggi: uno dei partiti che erano dati più in difficoltà, il Partito Popolare (PP) del primo ministro uscente Mariano Rajoy, ha migliorato il suo risultato di dicembre, guadagnando 14 seggi rispetto ad allora. Al contrario la forza politica che si pensava potesse fare grandi passi avanti, Unidos Podemos – una coalizione formata da Podemos e dal partito di sinistra Izquiera Unida – ha ottenuto nel complesso gli stessi seggi delle ultime elezioni, in cui i due partiti erano separati, deludendo le enormi aspettative dei suoi sostenitori. Unidos Podemos ha ottenuto 71 seggi. (da ilpost.it ) leggi

Spagna: «Manuale di istruzioni» per comprendere Podemos 

Nelle società capitalistiche il dissenso viene gestito e controllato. In Spagna la piazza trovò la ferma posizione dei due partiti al potere. Il messaggio nei confronti degli indignados fu: «queste cose si risolvono in parlamento». Podemos ha preso la palla al balzo, provando a veicolare il malcontento in un partito con una chiara aspirazione maggioritaria. In un cinema multisala di Madrid nei pressi della Puerta del Sol, il centro della capitale spagnola, viene proiettato da qualche giorno un documentario di due ore dal titolo «Política, manual de instrucciones». È la storia di Podemos: dal 2014, con il congresso di Vistalegre fino alle elezioni del dicembre 2015 quando Podemos entrò per la prima volta nel parlamento spagnolo come terzo partito dopo Pp e Psoe. Per due anni il regista Fernando León de Aranoa   ha puntato le sue telecamere su tutto quanto avveniva nel partito ( Simone Pieranni da il manifesto.it ) leggi

 
Brexit, il piano di Londra: abbattere le tasse alle imprese al 15%. “Ma il Regno Unito non sarà un paradiso fiscale”

Il programma del cancelliere dello scacchiere Osborne pubblicato dal Financial Times: fisco più leggero del 5% per le aziende. Ma anche sostegno per il credito, canali commerciali bilaterali (soprattutto con la Cina) e spinta sulle opere pubbliche. L'Ocse invita alla calma: "Ci sono barriere pratiche e di politica nazionale". Un piano di cinque punti per contrastare lo scenario negativo della Brexit. A scriverlo è stato il cancelliere dello scacchiere britannico George Osborne, in sostanza il ministro delle Finanze. E tra quei cinque punti c’è anche una decisione che potrebbe rovesciare la situazione di incertezza trasformandola in un’opportunità per il Regno Unito: portare le tasse sulle imprese al 15 per cento abbattendolo dall’attuale 20% in modo da attrarre realtà aziendali. A scriverlo è il Financial Times, che fa notare come questa mossa di dumping fiscale nei confronti degli altri Paesi europei porterebbe la Gran Bretagna su livelli simili a quelli della vicina Irlanda (dove le tasse per le imprese sono al 12,5 per cento). ( da ilfattoquotidiano.it ) leggi

Marocco, vietata “importazione, esportazione, produzione e uso di sacchetti in plastica”

 Dal 1° luglio entra in vigore l'attesa legge sullo stop ai sacchetti di plastica. Una legge che mette il il Marocco ai primi posti nella lotta ai sacchetti in vista della Marrakech Climate Change Conference (Cop22) di novembre. Per chi i non rispetterà la nuova norma sono previste pesanti sanzioni. È notizia di qualche giorno fa che il Ministero dell'Interno marocchino si sta dando un gran da fare per trasmettere e far recapitare tempestivamente ai wali (l'equivalente dei nostri presidenti di regione, nominati direttamente da re Mohammed VI), a tutte le prefetture (aree urbane) e alle provincie (aree rurali) il testo della nova legge e un messaggio che gli invita ad attivarsi concretamente per far rispettare il divieto. ( Luigi Vendola  su ecodallecitta.it ) leggi
 

La foto del giorno: ATAC di Roma: «I peggiori trasporti pubblici d’Europa» secondo lo Spiegel. Il parco bus ammonta ufficialmente a 1980 vetture, ma di fatto ne esistono solo 1410. Dove siano finite le altre 570, è un mistero che a nessuno è dato conoscere. Le perdite per l’azienda sono enormi: al momento si registra un debito di 1,5 miliardi di euro. leggi


VIDEO ARCHIVIO

Musica per l’Artico: Ludovico Einaudi al piano fra i ghiacci unendosi all’appello firmato da quasi 8 milioni di persone per chiedere alla comunità internazionale di sottoscrivere al più presto un accordo che protegga l’Artico dallo sfruttamento e dai cambiamenti climatici. vedi

Riforma Costituzionale: Travaglio: un po’ di chiarezza sulla Riforma Costituzionale: vedi

 
Torino: Appendino annuncia: “Taglio spese del 30% per staff, giunta e dirigenti fiduciari” vedi

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Il punto di vista   del Gruppo Cinque Terre:

Frammenti di riflessione politica per il nuovo anno ( Giovanni Chiambretto e Massimo Marino ) Gennaio 2016  leggi

 

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